DOPO L’ARRESTO DI CAROLA RACKETE

Adesso chiudere la rotta
del Mediterrano

 

Con la decisione della comandante della Sea Watch di forzare il blocco, entrare nelle acque italiane  e infine speronare una motovedetta della Guardia di Finanza che si frapponeva tra la nave battente bandiera olandese e il molo di attracco di Lampedusa, si è consumata l’ennesima, ma più eclatante puntata, della guerra che alcune ong hanno dichiarato all’Italia da quando, con la Lega al Governo e Matteo Salvini alla guida del ministro degli Interni, si è dimostrata non più disponibile a sopportare il traffico di esseri umani dall’Africa verso il nostro Paese.

La radical chic tedesca Carola Rackete, comandante della nave «pirata», non si è fermata davanti a niente per portare a termine i suoi propositi, violando più di una legge nazionale e internazionale, e rischiando di ammazzare i cinque finanziari italiani che dalla loro motovedetta si sono visti piombare addosso la nave da 650 tonnellate.

La Rackete è stata arrestata, e ci auguriamo che la magistratura italiana vorrà inchiodarla alle sue responsabilità giudiziarie, senza farsi intimidire da coloro che a vario titolo sono schierati a fianco del capitano della Sea Watch: le sinistre italiane per colpire Salvini; parte del mondo cattolico che valuta il destino di una singola persona più dei problemi di sicurezza, indipendenza e futuro dell’intera nazione italiana; e i governi europei che a vario titolo, ignorando la dimensione continentale dell’esodo dalle coste africane, vorrebbero scaricarne il peso unicamente sul nostro Paese.

In particolare la Francia, prima responsabile della disgregazione della Libia, la Germania che ora difende la sua cittadina (un insegnamento per le sinistre nostrane pronte a calpestare l’interesse nazionale pur di attaccare l’avversario politico interno, un tempo Berlusconi ora Salvini), e infine l’Olanda che avrebbe perlomeno dovuto «richiamare» la Sea Wacht al rispetto delle regole di navigazione nonché della sovranità dello Stato italiano. Ci chiediamo quale sarebbe stato il loro comportamento se una nave battente bandiera italiana avesse forzato il porto di Rotterdam e speronato una motovedetta olandese? Ma tant’è.

Conclusa questa «puntata» e prima che una nuova nave di fiancheggiatori di trafficanti di esseri umani si ripresenti ai limiti delle nostre acque territoriali, sarebbe opportuno che Italia e Europa uniscano le forze per affrontare alla radice il problema: l’immigrazione dall’Africa va controllata prima che questa diventi un’emergenza umanitaria nel Mediterraneo. Il punto è questo.

Salvini non è «satana», cari amici cattolici, ma è un ministro che si preoccupa dell’impatto che il fenomeno incontrollato comporta sulla società italiana.

Quale sia la vera questione da risolvere, lo scrive perfino Aldo Cazzullo in un corsivo sul Corriere della Sera di oggi, del quale vale la pena riportare la chiusa: «È chiaro da tempo che la rotta del Mediterraneo va chiusa. I profughi non devono essere messi in condizione di affidare le loro vite agli scafisti. I moderni negrieri vanno arrestati. È stato sconfitto militarmente l’Isis; possono essere sconfitti anche loro. Basta volerlo. Frontex è troppo timido. Non è sufficiente. Non basta né alla sicurezza dei naufraghi, né alle ambizioni di un continente che intenda riprendere il controllo delle proprie frontiere meridionali. Occorre una grande operazione europea che batta le coste libiche, interrompa il traffico di migranti, contribuisca alla stabilizzazione del Paese, e lavori anche ad arrestare i flussi dai paesi di partenza. Non è semplice; Se lo fosse si sarebbe già fatto. Ma è l’unica strada».

Vincenzo Fratta

Nella foto di copertina: la motovedetta della GdF mentre cerca di evitare lo speronamento da parte della Sea Watch. In alto: l’arresto di Carola Rackete.
Sopra: un nave madre dei trafficanti carica gli immigrati sul barcone che li condurrà all’appuntamento con le navi delle ong. 

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