LE ELEZIONI SPAGNOLE

Socialisti vittoriosi
ma in cerca di alleati

 

La Spagna si risveglia socialista. È chiara la vittoria elettorale dei socialisti di Pedro Sánchez. A Madrid sono tutti d’accordo riguardo alla bravura con la quale Sánchez ha condotto una campagna elettorale da manuale che ha portato frutti, per i più, inaspettati. Tanto più che i socialisti spagnoli se l’erano vista brutta solo tre anni, fa quando sembravano inesorabilmente destinati al declino.

Rimane forte però il problema governabilità. Un monocolore non sembra la soluzione più auspicabile visto che, realmente, non ci sono i numeri. Costringerebbe il governo a pietire la fiducia per ogni provvedimento da varare. E si sa, quando è così, la crisi è dietro l’angolo. Basta un dissidio, un’assenza, un franco tiratore. Oppure basta voler fare qualcosa che non stia bene ai più e… patatrac di nuovo alle urne. Cosa che gli spagnoli ultimamente hanno visto sin troppo di frequente.

Quindi il problema è con chi allearsi. Quale tipo di coalizione Sánchez riuscirà a mettere insieme, cosa necessaria per poter sperare di affrontare un quadriennio a palazzo della Moncloa.

I numeri sono molto stretti, risicati. Sono solo 123 i seggi conquistati su una maggioranza minima di 176. L’aritmetica non viene in aiuto, i pallottolieri parlano chiaro: se si aggiungono i 42 deputati di Unidas Podemos, guidati da Pablo Iglesias, che si è già dichiarato disponibile ad un patto di legislatura, non basta. Non si raggiunge la maggioranza, il famoso numerino 176 è ancora lontano. I cosiddetti peones sono al lavoro. Nell’ombra iniziano a tessere le loro tele.

Certo, la destra spagnola non ha dato gran prova di unità, ognuno per la propria strada, ed i risultati si sono visti… I tre principali partiti Pp, Ciudadanos e Vox insieme non rappresentano una reale alternativa, non hanno raggranellato molti seggi. Così tra i dirigenti socialisti più intransigenti, sono molti quelli che spingono per la formazione di un monocolore socialista, infatti la vicepremier Carmen Calvo ha affermato: «Riteniamo di aver avuto un sostegno più che sufficiente per essere il timone di questa barca». Esattamente quello che è accaduto a Madrid negli ultimi dieci mesi ma che ha portato a queste elezioni.

Pedro Sánchez comunque non intende bruciare le tappe, anzi, ha iniziato le trattative politiche per la ricerca della soluzione in maniera molto pacata. Infatti l’attendismo sembra essere lo stile socialista delle ultime ore.

Bisogna, insomma, tirare a campare fino al 26 maggio, data fatidica, delle elezioni europee. Da quelle urne potrebbe uscire la ricetta giusta per cucinare una paella governativa, in salsa spagnola, buona e soprattutto minimamente duratura. E, se, per dirla con Otto von Bismarck, la politica è l’arte del possibile, al momento sembra altamente improbabile un’intesa con Ciudadanos, che al contrario di quella con Unidas Podemos garantirebbe a Sánchez una larga maggioranza parlamentare.

Non sarà però facile convincere Rivera che ha dichiarato di preferire l’opposizione, posizione dalla quale tentare la scalata alla leadership del centro-destra. Certo, sarebbe un’inedita coalizione, una sorta di riedizione del governo gialloverde italiano, ma forse sarebbe sin troppo indigesta ai militanti socialisti, stranamente soprattutto a quelli più giovani.

Non a caso durante i festeggiamenti per la vittoria dell’altra notte, i sostenitori socialisti presenti sotto la sede della Calle Ferraz, avevano gridato dalla strada verso le finestre del palazzo «no, con Rivera no». Come andrà a finire? Mai più azzeccato in questa situazione citare il sempreverde Jimmy Fontana, che nel disco La Ballata della Speranza cantava «Chi vivrà vedrà».

Lino Rialti

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