Dopo un intenso dibattito la Commissione consultiva per le trasformazioni industriali del Comitato economico e sociale europeo (Cese) ha approvato all’unanimità un parere sulle materie prime critiche (Ccmi/211), che contiene vari emendamenti al regolamento proposto dalla Commissione europea il 16 marzo scorso.
Predisposto dal suo relatore, il professor Maurizio Mensi, rappresentante della Ciu-Unionquadri, il parere Cese sarà adottato in via definitiva dalla Plenaria a luglio.
Si tratta di un parere importante sia nel metodo, perché prevede per la prima volta un nuovo format per i pareri Cese, con emendamenti puntuali al testo della Commissione, e nel merito, data la rilevanza del tema in questione.
Il Parere espresso dal Cese
Il parere Cese ha ad oggetto la proposta di regolamento, presentato dalla Commissione europea insieme ad una comunicazione, che contiene una serie di misure per garantire all’Europa l’accesso alle materie prime critiche e strategiche.
L’obiettivo è diversificare l’offerta dei materiali necessari per realizzare la transizione verde e digitale e la proposta identifica i materiali fondamentali per gli interessi strategici europei e indica come sovvenzionare la produzione, la lavorazione e le riserve di stoccaggio strategico di questi materiali in Europa.
Si inserisce nella rinnovata politica industriale dell’Unione Europea, annunciata dal presidente della Commissione von der Leyen a dicembre per sostenere le imprese nel contribuire agli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Sostenere le capacità nazionali e a rafforzare le catene di approvvigionamento delle materie prime critiche nell’Ue, che dipende dalle importazioni (in prevalenza da Cina e Russia) per oltre il 75 % del suo fabbisogno, è indispensabile per consentire all’Ue di rimediare alla sua vulnerabilità sul piano strategico e alla debolezza del suo sistema industriale.
Rischio raddoppio dell’impiego dei metalli
La cosa è ancor più preoccupante se si tiene presente che secondo i dati Ocse (Global Material Resources Outlook to 2060), l’impiego di materie prime, e in particolare l’impiego dei metalli, dovrebbe quasi raddoppiare entro il 2060.
Si consideri inoltre che nell’Ue il settore delle materie prime fornisce direttamente circa 350 mila posti di lavoro e oltre 30 milioni nel comparto manifatturiero dipendono da un accesso affidabile alle materie prime minerali.
Secondo l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (Eit), garantire all’Ue un approvvigionamento sostenibile di materie prime e materiali avanzati richiederà poi oltre 1,2 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2030.
Le dichiarazioni dei protagonisti
Ecco perché «sarà importante che la normativa sulle materie prime critiche sia allineata alle politiche sociali dell’Ue – rileva la Ciu-Unionquadri, presente al Cnel in rappresentanza dei quadri e delle nuove professioni – e sostenga gli sforzi di sviluppo delle capacità a livello degli Stati membri per potenziare la forza lavoro nelle catene di approvvigionamento delle materie prime critiche, nelle industrie estrattive, nella trasformazione e nel riciclo».
Al riguardo è fondamentale sostenere l’istruzione e lo sviluppo di competenze nel mondo accademico, ma anche sforzarsi di sviluppare le capacità nell’industria delle materie prime e nelle pubbliche amministrazioni degli Stati membri con misure mirate agli operatori del settore e al personale di tali servizi.
«Tale obiettivo – rileva il professor Maurizio Mensi, relatore del parere – potrebbe essere conseguito attraverso la creazione di nuove strutture specifiche o il sostegno di quelle eventualmente esistenti a supporto dell’istruzione superiore e della formazione professionale, nonché di riqualificazione e miglioramento della qualità dell’attuale forza lavoro dell’Ue». Infine, andrebbero profusi maggiori sforzi per sostenere l’apprendimento e promuovere il trasferimento di tecnologie tra mondo accademico, industria e organismi di ricerca.
Alessandro Alongi