BENEDETTO XVI E PAPA FRANCESCO

Un orientamento
tra i recenti fatti di Chiesa

Papa Francesco prega insieme al Papa emerito Benedetto XVI. Un orientamento fra i recenti fatti di chiesa

 

Il giorno dell’anniversario della morte di Joseph Ratzinger, il 31 dicembre, un sacerdote, Ramon Guidetti ex don parrocchia San Ranieri di Guasticce (Diocesi di Livorno), nella sua omelia ha pubblicamente delegittimato Papa Francesco, incorrendo nell’ inevitabile e pronta scomunica comminatagli dal Vescovo.

L’evento, prontamente videoregistrato e reperibile on line, segno di una premeditazione e collaborazione con frange laiche riconducibili alle tesi di Andrea Cionci e Don Minutella (anch’egli scomunicato e ridotto allo stato laicale), ha suscitato scalpore e portato alla ribalta le suddette ricostruzioni complottistiche, che vedrebbero il precedente Papa (Bendetto XVI) non abdicatario, ma, anzi, mente di un piano volto a delegittimare il suo successore.

I tentativi di delegittimare Papa Francesco

Papa Francesco con il Papa emerito Benedetto XVILa questione era già stata affrontata (qui) proprio nei giorni in cui erano stati organizzati addirittura dei voli propagandistici per diffondere il «messaggio», che testimoniavano l’escalation di tali gruppi, poi concretizzatasi in una petizione, poco partecipata, per chiedere addirittura ai Cardinali (di nomina benedettinea) di indire un nuovo Conclave per eleggere un «Papa legittimo».

La novità o, meglio, l’approfondimento di tale tematica, alla luce della clamorosa defezione dell’ex parroco della diocesi di Livorno, porta a considerare la genesi di tali tesi.

Le suddette affermazioni, infatti, sono state presentate, dall’animatore del sodalizio scismatico a cui si vorrebbe aggiungere Don Guidetti, come originali e frutto di ricerca personale poi trascritta in due libri, uno dello stesso Alessandro Maria Minutella (ex Don) pubblicato a gennaio 2021, e l’altro, il Codice Ratzinger di Andrea Cionci, che è una raccolta degli articoli pubblicati in un blog on line su Libero dal giornalista negli anni precedenti.

Più precisamente, però, quest’ultimo, ammette che deve le sue scoperte ad altri, qualificando come originale praticamente solo la decifrazione dei presunti codici di Ratzinger senza però mai nominare il suo collega, giornalista di Libero, Antonio Socci, che ha scritto anche un libro con Diego Fusaro (Il Dio mercato, La Chiesa e l’Anticristo), odierno compagno di strada del Cionci.

Il precedente autorevole: Antonio Socci

Rileggendo la trilogia di Antonio Socci Non è Francesco (2014), La profezia finale (2016), ll segreto di Benedetto XVI (2018), si può ripercorrere, come in un compendio, le incomprensioni di una parte della Chiesa, estremamente critica (fino alla delegittimazione) verso Papa Francesco.

Nel primo l’autore si sofferma sulla questione munus/ministerium ventilando l’illegittimità dell’elezione di Papa Francesco (qui), anche in virtù una presunta disapplicazione delle norme della Costituzione Apostolica Universi Domini Gregis che regolano l’elezione nel Conclave.

Il secondo libro si sofferma sulle profezie riguardo la defezione della chiesa rispetto al deposito della fede nei tempi moderni, indirizzando una lettera estremamente critica a Papa Francesco, posto in discontinuità rispetto ai predecessori, e all’ufficio petrino in generale (per come lo intende Socci).

Il terzo libro pone molte questioni riguardo la scelta di Ratzinger di farsi chiamare «Papa emerito» e conservare alcuni segni esteriori riconducibili alla precedente funzione esercitata, arrivando a vedere in queste scelte, la prova di una rinuncia puramente fittizia.

Data la rinomanza dell’autore molte tesi già circolavano ancor prima della pubblicazione dei testi, ma la sorpresa e la scoperta è stata che Antonio Socci, aveva già indicato ne Il Segreto di Benedetto XVI un linguaggio in «codice» del Papa, attraverso l’utilizzo di un linguaggio cifrato, paradossale, dal doppio significato, uno per i media e uno per hi «riesce a capire il messaggio».

La differenza fondamentale, tuttavia, sta nel fatto che colui che ha anticipato le tesi di Cionci e Minutella (come di tutti gli altri ad essi collegati), le ha appunto sempre presentate come tali, senza imporre l’evidenza della propria, mera, speculazione come un fatto oggettivo.

Un conto è certamente fare ipotesi, cercare domande e aiuto per uscire dai labirinti delle proprie riflessioni, un altro pretendere non solo l’adesione più ampia possibile, ma l’azione conseguente di alcuni Cardinali, al fine di indire un mini Conclave, una sorta di fanta ecclesiologia applicata, da fare impallidire Il dilemma di Benedetto XVI, un racconto fantascientifico uscito su Urania nel 1978 .

L’enigmatico Codice Ratzinger

La forzatura di alcune interpretazioni del giornalista Cionci, pur di dare seguito alla sua teoria (se la realtà non vi si accorda tanto peggio per questa), arriva a modificare il giorno indicato nella declaratio da Papa Benedetto XVI, per farlo coincidere con la comunicazione di apertura del Conclave per il giorno dopo.

A interpretare sede vacante con sede vuota (sostanzialmente la stessa cosa, ma cercando un’impossibile analogia con la sede impedita).

A interpretare emerito, singolarmente, come unico e vero, a cercare di invalidare anche il discorso di commiato di Benedetto, contrapponendo in maniera spericolata Pontefice Sommo a Sommo Pontefice.

A tal proposito, ogni speculazione su munus e ministerium (come anche sulla decorrenza dell’abdicazione) cade riguardando il video dell’ultimo saluto di Papa Benedetto e sulla validità della sua rinuncia al papato, a decorrere dalla sera stessa. Egli dice alle ore 20 di questa sera non sarò più Pontefice sommo della Chiesa.

Viene da pensare che le formalità imposte dai solerti sostenitori dell’invalidità della rinuncia, comportino un onere così elevato da rendere inattuabile ogni espressione che non sia quella preordinata dagli stessi, capovolgendo il senso del canone di riferimento, da cui, al contrario, non si evincono formalità, ma solo una manifestazione esteriore dell’intenzione di rinunciare al papato. Se le parole (qualsiasi) sono conformi allo scopo, ossia fanno intendere pubblicamente la volontà di abdicare, tanto basta.

In realtà, è proprio Cionci ad ammettere che c’è un significato palese e pubblico (conforme alla validità), a cui però egli contrappone un significato nascosto, stimato come dubbio da alcuni e come inequivocabile da lui e pochi altri (quindi privato, addirittura, si potrebbe dire, esoterico).

La tesi è, infatti, non quella della coazione a rinunciare al papato, ma quella di esprimere coram populo una decisione che in realtà ha una riserva personale, intima, in contraddizione con la reale intenzione.

Ovviamente, anche se fosse stato affermato, dallo stesso interessato, che la sua rinuncia in realtà fosse stata simulata, tale dichiarazione, di fronte alla pronuncia esplicita (e reiterata, anche assecondando l’evolversi degli eventi, per 11 anni), avrebbe prevalso quest’ultima, non potendo essere revocata una volta diventata efficace (ore 20 del 28 febbraio 2023).

Al di là delle interpretazioni che fanno leva su suggestioni, e che cozzano col buon senso (e questo è un grave indizio di deviazione dal reale), col sensum ecclesiae (che Cionci espressamente non vuole, o non può, esercitare, ribadendo di fare discorsi avulsi da una fede mai manifestata) e con gli eventi (nel saluto ai cardinali del 28 febbraio promette inequivocabilmente di pregare per l’elezione del nuovo Papa nei prossimi giorni), interpretazioni contestate con dotti argomenti da chi sicuramente ha più competenza, se il senso palese è riconosciuto addirittura come immediato (dagli stessi detrattori), non ci sono discussioni sulla validità della rinuncia.

Il Papa emerito

Archiviate le speculazioni, che non fanno onore al Papa Benedetto XVI, e che hanno determinato lo scisma con la Chiesa visibile e la costituzione di una chiesa immaginaria, bisogna rilevare che l’aver Ratzinger sperimentato in prima persona l’Emeritato (quello che Georg Gänswein ha chiamato Papato di eccezione, costituisce un segno dei tempi che fa certamente riflettere.

Innanzitutto, il titolo di Emerito marca una distinzione importante, Benedetto XVI ha abdicato nella consapevolezza di non reggere i ritmi delle attività pubbliche della sua funzione, il suo servizio (al nuovo Papa Francesco), però, ha voluto mantenerlo, anche nella sua nuova condizione.

Definirsi emerito, quindi, è un modo per distinguere la sua scelta dal disonore che, per esempio, ha segnato quella di Celestino V.

Forse è proprio Papa Francesco ad aver colto bene il nuovo ruolo di Benedetto XVI: la ricchezza di un’esperienza vivente di governo universale con cui confrontarsi (espressa confidenzialmente come un «nonno saggio»). Il rispetto e anche l’affetto reciproco, hanno poi anche arricchito e incoraggiato il nuovo Papa.

L’esperienza unica di questa convivenza, finita ormai un anno fa, ha portato alla luce quella che è la grande eredità di Benedetto XVI, ossia, al contrario di quanto affermato dai suoi «legittimisti», la difesa della continuità, nel progresso, e, dell’unità, nella diversità dei suoi carismi, della Chiesa (espressa mirabilmente da Papa Francesco come un prisma).

Pur con diversi accenti, i due Papi susseguitesi, sono espressione comune di uno stesso spartito, la cui esecuzione, peraltro, è guidata dal medesimo Direttore d’Orchestra.

Armando Mantuano

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