Una folla immensa ha reso omaggio giovedì 15 marzo a Rio de Janeiro alle spoglie della consigliera comunale Marielle Franco e dell’autista Anderson Gomes, uccisi mercoledì notte in un agguato. Manifestazioni di protesta per l’omicidio si sono tenute a San Paolo, Belo Horizonte, Salvador e Brasilia.
Quella di Marielle Franco è stata una vera e propria esecuzione. Intorno alle 21.30 la sua auto è stata affiancata ad un semaforo da un’altra autovettura dalla quale sono partiti i colpi mortali. Era di ritorno da un dibattito pubblico sul tema a lei più caro, la violenza sulle donne nelle aree di rischio. E nel mezzo di un’importante partita del Flamengo per la coppa Libertadores, il tam tam della rete ha sconvolto la vita dei tanti abitanti di Rio che la conoscevano e che la stimavano.
Marielle, trentotto anni, era impegnata nella difesa della popolazione più debole della città. Lei stessa era nata e cresciuta in una favella, alla Maré, una delle comunidades poste lungo la Linha Vermelha, il raccordo autostradale che dall’aereoporto conduce in città e che si percorre sempre nella tensione di trovarsi nel mezzo di un conflitto a fuoco.
Laureata in sociologia, grazie ad una borsa di studio, Marielle si era candidata alle elezioni comunali del 2016 con il Psol, un piccolo partito della sinistra, risultando il quinto Consigliere più votato con oltre 46mila voti. Era una persona risoluta che sapeva dialogare con le persone senza perdere l’innata dolcezza del carattere. La sua uccisione è un attentato politico senza eguali nella storia recente del Brasile che ha scosso l’intero paese.
Le indagini per scoprire gli autori del crimine sono naturalmente in corso. Quello che sconcerta è che l’attività della consigliera comunale uccisa era proprio incentrata sulla denuncia e il contrasto degli abusi e degli eccessi commessi dalle forze dell’ordine, che si trovano ad agire in una città ormai militarizzata a causa dell’alto livello di criminalità.
Vincenzo Fratta