GRAN BRETAGNA

La Brexit come
la tela di Penelope

 

Ancora un rinvio per la Brexit che ora potrebbe avvenire il 31 gennaio 2020, salvo anticipi da escludere o nuovi slittamenti che non sarebbero certo una novità.

A Westmister si continua a discutere di elezioni e di come uscire dall’Unione europea, anche se più passano i mesi e più la Ue sembra un carcere impossibile da abbandonare.

Bruxelles ha concesso una nuova proroga, l’ennesima, definita flessibile o flextension nel lingua degli eurocrati che ha fissato il limite al 31 gennaio anche se Londra in questa nuova finestra trimestrale potrebbe anticipare i tempi, sono infatti previste due finestre una a fine novembre e una a fine dicembre in cui potrebbe avvenire sempre che il parlamento ratifichi un nuovo eventuale accordo.

Il primo ministro Boris Johnson ha fatto buon viso a cattivo gioco accettando la nuova data e chiedendo ai partner europei di impegnarsi a non darne altre con Bruxelles che ha invitato Londra a decidere cosa fare, anche se da questo punto l’esito del referendum del 23 giugno 2016 lascia poco spazio a dubbi, nonostante l’assurda campagna stampa per il remain condotta in questi tre anni e più dal fronte europeista.

Tra oggi e domani dovrebbe arrivare l’ufficializzazione della nuova proroga anche perché l’ultima proroga concessa scade giovedì prossimo e non ci sono più i tempi per attuarla.

Stando alle dichiarazioni ufficiali l’ipotesi del no deal non piace né Oltremanica né nei palazzi del potere europeo e quindi i negoziati per trovare un accordo che soddisfi le parti, ma che oggettivamente appare un’utopia e nulla più, continuano quasi senza sosta.

La Francia, che sembrava pronta a minacciare il veto, e a massimo a far passare una proroga breve, alla fine si è riallineata: speranzosa se non altro che la partita a scacchi britannica sulle elezioni, passaggio a questo punto senza alternative per cercare di rompere lo stallo di Westminster, possa essere in effetti in dirittura d’arrivo.

La road map per le elezioni anticipate prevede che la Camera dei Comuni venga sciolta il 6 novembre con la seguente convocazione delle urne prevista per il 12 dicembre ma per farlo Johnson ha bisogno dell’appoggio dei laburisti di Jeremy Corbyn che però non appare disposto a rischiare, anche perché il risultato ottenuto nelle Europee di maggio dal British National Party di Nigel Farange aleggia come uno spettro sulle prossime politiche.

Il tempo però stringe. Salvo nuovi rinvii che renderebbero la vicenda sempre più grottesca.

Fabrizio Di Ernesto

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