IL CASO ILARIA SALIS

Dignità per la detenuta
condanna per l’uso della violenza

La violenta aggressione ad un militante di destra effettuata dal gruppo al quale appartiene Ilaria Salis

Le immagini della trentanovenne Ilaria Salis condotta nell’aula di tribunale ungherese con le catene, come è d’uso in quello e in molti altri paesi democratici, ha suscitato un’ondata di indignazione nel nostro Paese.

Le condizioni della detenzione della nostra cittadina in Ungheria erano già state denunciate dal padre prima dell’udienza in cui è stata tradotta con le catene e le manette ai piedi e alle mani.

Ilaria Salis nell'aula del Tribunale di BudapestIl ministro Tajani era in contratto dal 22 gennaio con il suo omologo ungherese prima della diffusione delle immagini dell’udienza, forse a seguito di  un interrogazione parlamentare. La nostra diplomazia, quindi, era già al lavoro, prima.

Nella nostra società dell’immagine, si fa presto a prendere e perdere visibilità. Lo dimostra certamente la parabola discendente di personaggi influencer, a cui era stato dato irresponsabilmente anche troppo peso politico. Fatto sta che l’idea di chiamare televisioni e di riprendere le condizioni dell’indagata in udienza ha creato l’effetto desiderato: lo sdegno a comando. Questo fascio di luce, il cui cono è sapientemente dosato a seconda dei collegamenti che si vogliono predisporre, può però offrire l’occasione per un’analisi più ampia.

Il contesto dell’arresto di Ilaria Salis

La maestra d’asilo, militante comunista e antifascista, ha varcato il nostro confine per partecipare ad una violenta contromanifestazione rispetto alla commemorazione di un episodio bellico della II Guerra mondiale che ha visto un manipolo di soldati tedeschi e ungheresi cercare vanamente di rompere l’assedio sovietico alla città di Budapest.

Evidentemente, già fare una contromanifestazione rispetto a tale commemorazione ha poco senso se non per perpetuare lo scontro e mirare all’annientamento fisico dei neofascisti.

Le immagini, immortalate dalle telecamere di sicurezza che riprendono cacce all’uomo, pestaggi di 6 persone contro una, colpita prima da dietro anche con manganelli retrattili (la stessa arma trovata nella borsetta di Ilaria) e poi ancora quando è inerme, non lascia spazio ad intenzioni troppo alternative

La difesa del padre

Roberto Salis, padre di IlariaIl padre di Ilaria, Roberto Salis ha denunciato le condizioni di igiene precaria e di mancata assistenza, a cui la figlia ha detto di essere stata sottoposta attraverso una lettera inviata all’ambasciata, ora resa pubblica. Ha inoltre lamentato l’inerzia dell’ambasciatore che non ha garantito prontamente i diritti dell’indagato italiana in Ungheria.

Effettivamente pare che i primi indumenti siano stati spediti dopo 35 giorni e che Ilaria Salis sia stata messa in quel periodo in cella di isolamento.

Oltre a ciò, si lamenta la mancata traduzione degli atti processuali, nello specifico di un verbale che la stessa avrebbe firmato senza che le fosse fatto conoscere il contenuto.

Il ragazzo in carcere in Romania

Filippo Mosca in carcere in RomaniaSono molte centinaia i cittadini italiano detenuti all’estero, accusati di reati più o meno gravi. Ad esempio Filippo Mosca, condannato a 8 anni di reclusione in Romania per spaccio, con un processo lampo in cui si dichiara ancora innocente e ora in attesa dell’Appello.

La madre aveva lamentato la precarietà delle sue condizioni detentive, in una cella di 20 metri quadrati che condivideva con altri 24 detenuti, con la possibilità di evacuare solo attraverso un buco sul pavimento denunciando la preoccupazione per le colluttazioni con gli altri detenuti e le lesioni subite.

Stiamo parlando, anche qui di un paese dell’Ue, eppure questo caso offre meno possibilità di strumentalizzazioni, e, quindi, è passato, mediaticamente, in secondo piano.

Il clamore suscitato dalle immagini dell’udienza in tribunale di Ilaria Salis ha determinato una fortunata ricaduta, in quanto dal due febbraio, Filippo Mosca è stato spostato in una cella più vivibile con addirittura materassi nuovi e una squadra di operai che sta sistemando l’ambiente.

I fattori concatenati

La distruzione di un gazebo della Lega nel 2017. Fra gli assalitori anche Ilaria SalisTornando a Ilaria Salis. C’è da dire che l’Ungheria è al centro di tanti contemporanei dossier europei e c’è chi dice che la detenzione di Ilaria Salis sia merce di scambio.

Il padre stesso ha fatto intendere che la figlia è stata prelevata insieme ad altri militanti tedeschi, ma è l’unica che è stata fatta rimanere in Ungheria, per via dello scarso peso politico e diplomatico dell’Italia. Delle due l’una, però.

In realtà, proprio il rapporto franco della Meloni con Orban e la consonanza ideologica, rende inutili sotterfugi. Non a caso la Meloni è già riuscita, sola, nell’impresa di omogeneizzare di più la posizione europea in tema di politica estera, nonostante l’apparente impermeabilità delle posizioni della presidente dell’Ue rispetto a Orban.

Ebbene, la notizia del 2 febbraio è proprio che la Meloni è riuscita a convincere Orban sugli aiuti all’Ucraina.

Le garanzie per i detenuti

Le mancanze nei sistemi penitenziari, come anche le tragedie giudiziarie, non sono certo esclusiva degli «altri». Il caso di Sergio Zuncheddu a cui hanno arrestato (erroneamente o volutamente) l’esistenza, è lì a ricordarcelo.

Certamente, però, bisogna ribadire quelli che sono i principi del nostro ordinamento, e di quelli della civiltà europea e mondiale, ossia la contrarietà ad ogni trattamento degradante per i detenuti (art. 27 Cost.), come pure le norme domestiche sull’ordinamento penitenziario (art. 14 quater) «In ogni caso le restrizioni non possono riguardare: l’igiene e le esigenze della salute; il vitto; il vestiario ed il corredo…».

Questo tema, però, è differente da quello di far scontare i domiciliari in Italia all’insegnante detenuta in Ungheria. Non ci sarebbero in ogni caso le basi giuridiche per tale trasferimento, anche se la magistratura ungherese, in maniera indipendente (anche se non sembra un principio recepito a 360 gradi da qualcuno), decretasse tale misura cautelare.

Potrebbe, invece, prospettarsi l’esecuzione dell’eventuale sentenza di condanna in Italia (qui un approfondimento).

La reale presa di coscienza

Al di là degli arruolatori seriali nel Pd di padri momentaneamente alla ribalta per fatti incresciosi di cronaca, — nonostante che in passato Roberto Salis abbia espresso sui social apprezzamento allo stesso Orban, nonché ad attuali ministri di governo, e abbia chiesto una Nota all’attuale Presidente del Senato andandolo a trovare nel suo studio penale di Milano — la questione da analizzare è purtroppo un’altra e ha a che fare con una giusta espressione della «memoria» degli eventi del secondo grande cataclisma bellico europeo.

La commemorazione della giornata del ricordo è ovviamente l’esaltazione dell’estremo sacrificio contro la prospettiva della conquista sovietica dell’Europa, non disgiunto forse da una componente di tragicismo nordico, incentrato in un cupio dissolvi nibelungico.

Dall’altra parte della «barricata», un segmento dell’eredità antifascista rimane ancorata a un perseguimento di «purificazione», nemmeno ideologica, ma fisica, sugli avversari, di «vendetta» non si sa bene rispetto a cosa, perpetuando quella retorica della violenza (fisica oltre che verbale) anch’essa in antitesi con i valori democratici.

I procedimenti a carico di Ilaria Salis non fanno pensare che lei sia aliena dalla «dialettica del manganello», anche nei confronti delle istituzioni (sembra sia passata in giudicato una condanna per concorso in resistenza a pubblico ufficiale), e questo tema è giusto che sia affrontato, non solo perché la stessa è inserita nell’ambito educativo istituzionale, ma per una presa di coscienza profonda del nostro paese, rispetto a tutte le derive della sua tenuta democratica.

La presa in carico proprio della Meloni e del suo Governo, della condizione detentiva della Salis, fa sperare che possa essere un passo verso l’auspicata pacificazione nazionale, dovendo gli «antifà» ammettere che anche quelli che considerano «fascisti» — e per di più se si considerano tali quelli al governo in Italia —, possono essere «compagni» di strada.

Armando Mantuano *avvocato

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