BRASILE - MINAS GERAIS

Il pesante bilancio
del nuovo disastro minerario

 

Nel pomeriggio di venerdì 25 gennaio una diga di contenimento degli scarti dell’attività mineraria della società Vale, è crollata a Brumadinho, una località dello Stato brasiliano di Minas Gerais, scaricando circa 13 milioni di metri cubi di residui di minerali di ferro nel fiume Paraopeba che attraversa la zona. La valanga di fango ha sommerso gli edifici ammnistrativi della Vale, un’area rurale e un insediamento residenziale. Ad oggi le vittime accertate sono 37 ma mancano all’appello oltre 250 persone, quasi tutte operai della miniera. Sono minime le speranze di trovare altre persone in vita.

Il neo presidente brasiliano Jair Bolsonaro, che ha sorvolato Brumadinho in elicottero, si è detto impressionato per la portata del disastro e si è impegnato a «fare tutto il possibile per assistere le vittime, contenere i danni, accertare i fatti, garantire la giustizia e prevenire nuove tragedie come quelle di Mariana e Brumadinho, per il bene dei brasiliani e dell’ambiente».

Il presidente ha istituito un gabinetto interministeriale di crisi a Belo Horizonte, capitale dello Stato colpito. Intanto la Polizia federale ha aperto un’inchiesta per chiarire le responsabilità del crollo della diga. A scarico della società concessionaria sarebbe già stata elevata una multa da 58 milioni di euro.

Tre anni fa il crollo di un’altra diga aveva colpito la città di Mariana, nella stessa regione, causando 19 vittime e un danno ambientale molto grave. Le sostanze inquinanti finite nel Rio Doce erano state infatti trasportate per 630 chilometri fino a raggiungere l’oceano Atlantico.

Lo Stato di Minas Gerais è il cuore minerario nel centro-est del Brasile e deve il suo nome proprio alle ricchezze del suo sottosuolo che cominciarono ad essere scoperte e sfruttate fin dal XVII secolo.

Un progetto di legge per rendere più complesse le regole per il rilascio delle autorizzazioni a costruire sbarramenti di contenimento del materiale di risulta delle attività minerarie era stata bocciata nel luglio scorso dall’Assemblea Legislativa dello Stato di Minas Gerais. Il provvedimento nasceva da un’iniziativa popolare denominata «Mai più Mare di fango» promossa dai rappresentanti dei sopravvissuti nel 2015 al crollo dello sbarramento di Fundão a Mariana e sottoscritta da oltre 50mila persone.

In realtà lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo, che comportano grandi rischi ambientali, come i disastri di Mariana e Brumadinho, o come le attività estrattive in corso in Amazzonia, non dovrebbero essere lasciate alla gestione di società private, costituite perlopiù da capitale straniero. Non fosse altro per la difficoltà di esigere da queste le necessarie operazioni di manutenzione. Difficilmente esse sapranno andare oltre la logica miope del profitto a breve termine. Inoltre non c’è troppo da fidarsi degli attuali controlli pubblici, data la nota facilità con cui in Brasile si creano appiccicose contiguità tra grandi imprese, politici, e funzionari pubblici che dovrebbero vigilare su di esse.

Ci auguriamo che il disastro di Brumadinho possa far riflette il presidente Bolsonaro sull’intenzione annunciata in campagna elettorale di varare un piano di nuove grandi concessioni minerarie da affidare ad imprese private. Meglio per il Brasile sarebbe chiudere con le errate pratiche del passato e gestire direttamente i grandi cantieri. Le capacità tecniche per gestire in proprio le ricchezze del sottosuolo non dovrebbero certo mancare oggi, a differenza di quanto poteva accadere nel secolo scorso.

Intanto domenica i pompieri hanno cominciato l’evacuazione delle 350 persone che abitano negli insediamenti della zona di Brumadinho in quanto si teme che potrebbe cedere un’altra diga-sbarramento che contiene un milione di metri cubi di rifiuti minerari.

Vincenzo Fratta

 

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