AUSTRALIA /2

Il Continente
che sta bruciando

 

L’Australia brucia e le fiamme non accennano a fermarsi. Il continente è lo specchio che ci mostra quanto pesano gli interessi economici e quanto sia semplice manipolare le opinioni. È bastato qualche rifiuto a stringere le mani al primo ministro e, improvvisamente, arrivano notizie di arresti di diverse persone che avrebbero appiccato incendi dolosamente (187, in parte minori, dato numerico, che sembrerebbe riferito a tutto l’anno 2019).

Tutto è iniziato con dei fulmini senza pioggia, i dry thunder, poi qualche «imbecille» ha fatto il resto!

Il primo ministro Scott Morrison, ha sottovalutato il problema, forse, troppo impegnato a pensare che l’economia di un continente si può sostenere con i combustibili fossili, alla faccia della… fine del mondo!

Il climate chance non c’entra, dice «Scomo» (nome dispregiativo attribuito a Morrisson da chi sta vivendo questa ecatombe sulla propria pelle) e taglia i fondi per le emergenze e ai Fire Fighters. Proprio quello che non andrebbe fatto.

Sono intervenute squadre dal Canada, dalla Nuova Zelanda, dagli Stati Uniti, ma la battaglia contro una barriera di fuoco tanto estesa deve essere combattuta con altri mezzi. Quelli che un governo cieco e sordo non vuol mettere a disposizione.

Il 2019, spicca come l’anno più secco e più caldo degni ultimi decenni, con temperature medie che sfiorano i 1,5° in più, arrivando a 47° C.

Due anni di siccità, la vegetazione così secca e le condizioni climatiche proibitive hanno favorito gli incendi. A diffondere le fiamme ci ha pensato il vento.

Circa mezzo miliardo di animali avrebbero perso la vita in questo disastro annunciato. Circa dieci milioni di ettari di territorio bruciato, migliaia di case e attività distrutte o danneggiate, almeno 25 le vittime umane ad oggi.

L’erosione provocata dagli incendi rischia di aumentare il rischio idrogeologico e la crisi climatica mondiale si stima che ad oggi, dati Nasa, siano state emesse 306 milioni di tonnellate di CO2 atmosferica che, depositando i loro residui sui ghiacciai neozelandesi, rischiano di farli fondere rapidamente.

Giorgio Vacchiano, ricercatore in selvicoltura e pianificazione forestale dell’Università degli Studi di Milano, scrive: «La straordinaria siccità australiana è stata generata da una rara combinazione di fattori. Normalmente il primo anello della catena è El Niño, un riscaldamento periodico del Pacifico meridionale che causa grandi cambiamenti nella meteorologia della Terra, ma quest’anno El Niño non è attivo. Si è invece verificato con una intensità senza precedenti un altro fenomeno climatico, il Dipolo dell’oceano Indiano (Iod), una configurazione che porta aria umida sulle coste africane e aria secca su quelle australiane. È dimostrato che il riscaldamento globale può triplicare la frequenza di eventi estremi nell’Iod».

A questo si è sovrapposto, a settembre 2019, un evento di riscaldamento improvviso della stratosfera (oltre 40 gradi di aumento) nella zona antartica, anch’esso straordinario, per cause «naturali», che ha portato ulteriore aria calda e secca sull’Australia.

Il terzo fenomeno è stato uno spostamento verso nord dei venti occidentali (o anti-alisei), i venti che soffiano costantemente da ovest a est tra 30 e 60 gradi di latitudine sui mari dei due emisferi terrestri. Lo spostamento verso nord degli anti-alisei (Southern Annular Mode) porta aria secca e calda sull’Australia, e sembra venga favorito sia dal climate change che, pensate un po’, dal buco dell’ozono. La colpa, sempre secondo Vacchiano è «di tutte le attività che nel mondo continuano a contribuire all’aumento della CO2 atmosferica, quali la produzione e consumo di energia (30%), i trasporti (25%), l’agricoltura e l’allevamento (20%), il riscaldamento e raffrescamento domestico (15%) e deforestazione (10%)».

Il nostro futuro, il futuro di un intero pianeta, quindi, dipendono da noi, dai nostri comportamenti in materia di emissioni e consumi, dalla conoscenza e dalla prevenzione, ma soprattutto dalle scelte che operiamo a livello politico perché gli attuali «governanti» sono lontani anni luce dal volere o potere risolvere il problema.

Il climate chance non è una bufala, come sembrerebbe quella dei 10mila cammelli che dovrebbero essere sterminati perché consumano troppa acqua. Oggi muoiono i canguri, i koala. Un intero continente cambierà il suo volto, il suo ecosistema e non sappiamo come. Poi toccherà al resto del mondo… fino a noi!

Ernesta Cambiotti

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