ITALIA-TURCHIA

Erdogan val bene
una… sedia

I rapporti con la Turchia, dopo lo sgarbo di Erdogan alla Ue

 

Ancora non si placano in Italia ed in Europa le polemiche per il cosiddetto «sofagate» al palazzo presidenziale di Ankara, dove nel corso di una visita ufficiale il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha fatto accomodare su un divano la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, così come il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, mentre lui e il presidente del Consiglio Ue Charles Michel prendevano posto su due poltrone con le rispettive bandiere alle spalle.

I rapporti con la Turchia, dopo lo sgarbo di Erdogan alla Ue

Una scelta che ha scatenato numerose polemiche nel Vecchio Continente, con il premier italiano Mario Draghi che ha definito il presidente turco «un dittatore», anche se Roma e Bruxelles si sono limitati alle parole perché Erdogan governerà pure il suo paese in modo indiscutibile e spesso andando oltre i limiti del politicamente concesso ma l’Italia e l’Unione europea hanno milioni di «buoni motivi» per continuare a sedersi al tavolo con lui.

L’Ue infatti è il primo partner commerciale di Ankara ed un eventuale disimpegno avvantaggerebbero i rivali russi e cinesi.

Per quanto riguarda l’Italia invece tra i due paesi c’è un interscambio che sfiora i 20 miliardi di dollari, con oltre mille aziende italiane attive in Turchia, e una relazione di «storica amicizia», come l’ha definita di recente anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che va dal Mediterraneo al sostegno alle ambizioni europee di Ankara.

Gli scambi commerciali  Italia Turchia

Sul piano economico e commerciale, da anni l’Italia è stabilmente tra i primi partner della Turchia. Non lontano dal record del 2011, l’interscambio prima della pandemia si attestava a 17,9 miliardi di dollari, con un sostanziale equilibrio della bilancia (+700 milioni a favore di Ankara).

Nel 2019, Roma era il quinto partner assoluto e il secondo in Europa per il Paese di Erdogan. E ancora nei primi due mesi di quest’anno, dall’Italia si è registrato un boom di investimenti diretti (970 milioni), più che da ogni altro Paese.

In Turchia operano oggi circa 1.400 aziende italiane, con alcuni colossi che vantano presenze decennali e importanti siti industriali, da Barilla a Ferrero, da Fca (attraverso la joint venture Tofas con la holding turca Koc) a Pirelli.

Oltre alla tradizionale industria manifatturiera e al settore bancario, oggi ridimensionato, sono cresciuti negli anni i progetti energetici e nella difesa, in cui spiccano gli accordi con Eurosam (joint venture Italia-Francia) per il possibile sviluppo di un sistema missilistico.

Insomma, Erdogan sarà pure un presidente autoritario, dai modi bruschi e poco attento alla forma o forse troppo propenso a provocare, ma in un momento storico come questo dove l’economia la fa da padrona l’Europa e l’Italia possono accettare senza problemi anche il «sofagate».

Fabrizio Di Ernesto

 

 

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