GRAN BRETAGNA

«Get Brexit done»,
parola di Boris Johnson

 

La Brexit ci sarà nel 2020. E sarà blindata, senza più stallo, divisioni e soprattutto senza altri rinvii. Lo ha ribadito il premier britannico Boris Johnson parlando alla Camera dei Comuni, ora molto simile a lui dopo le elezioni della scorsa settimana.

In un’assemblea a larghissima maggioranza Tory venerdì il primo ministro riproporrà l’avvio dell’iter della legge di ratifica dell’accordo sul recesso dall’Ue raggiunto con Bruxelles (Withdrawal Bill) con una novità fondamentale: un emendamento che, se approvato, vieterà qualunque proroga della transizione post divorzio, e dello status quo, oltre la scadenza fissata di fine 2020.

Nello specifico la clausola riduce a 11 mesi massimo lo spazio per negoziare con i 27 una successiva, complessa intesa sulle relazioni future, a iniziare dall’obiettivo di un trattato di libero scambio.

Esaurite le formalità di rito fin da venerdì il nuovo governo inizierà a lavorare sulla Brexit per velocizzare al massimo l’iter perché, come ha sottolineato Johnson «non bisogna far perdere altro tempo alla nazione» con lo slogan «Get Brexit done».

Nelle intenzioni entro il 31 gennaio ci sarà la Brexit quindi si procederà alla negoziazione sulle relazioni future tra Londra e Bruxelles ma questa volta senza il paracadute di un’estensione della transizione. Una possibilità che l’Ue aveva lasciato aperta fino ad altri eventuali due anni, ma a cui il premier intende rinunciare legalmente.

A costo di far calare la sterlina, di allarmare i più moderati fra i suoi stessi compagni di partito, di farsi accusare di comportamento «irresponsabile e sconsiderato» dal ministro ombra laburista Keir Starmer, di far riemergere – laddove le intese commerciali e politiche sull’avvenire non dovessero essere chiuse per fine 2020 – lo spettro di un’uscita «no deal» a scoppio ritardato il primo gennaio 2021.

Fabrizio Di Ernesto

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