VENEZUELA

Petro, la criptovaluta
di Nicolas Maduro

 

Da qualche anno, sull’onda del «successo» del Bitcoin, si sente sempre più parlare di criptovalute, tanto che anche Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, è pronto a lanciare la sua «Libra»; non solo moneta virtuale creata da privati però visto che anche il Venezuela ha da qualche tempo lanciato la propria: il Petro.

Con un’economia colpita da una grave crisi, con un’inflazione galoppante che ha svalutato notevolmente il Bolivar, la valuta locale, circa due anni fa il governo di Nicolas Maduro ha annunciato la volontà di immettere sul mercato una propria moneta virtuale legata al petrolio, riprendendo un’idea già lanciata dall’ex presidente Hugo Chavez nel 2009.

Da alcuni anni le criptovalute, anche a causa delle difficoltà nel reperire valuta estera, sono normalmente utilizzate in Venezuela, tanto che a Caracas è nato il Dash Mall, un centro commerciale dove è possibile fare acquisti utilizzando la valuta digitale dash.

Dopo una fase di studio sulla fattibilità dell’operazione e le prime valutazioni economico/finanziarie, all’inizio del 2018 le autorità di Caracas hanno annunciato che questa nuova valuta sarebbe stata lanciata in 100 milioni di pezzi. Nel corso di una riunione con i suoi ministri Maduro assicurò che la moneta sarebbe stata garantita dai 5 miliardi di barili di greggio del blocco Ayacucho nel giacimento dell’Orinoco per quasi 5,9 miliardi di dollari.

La decisione del governo bolivariano scatenò numerose polemiche perché secondo molti legando questa valuta a del petrolio ancora da estrarre si trattava semplicemente «di una vendita anticipata del greggio» e nulla più.

Il governo per respingere queste critiche precisò che in una prima fase il Petro, sarebbe stato negoziato solo attraverso aste che lo Stato avrebbe realizzato in criptovalute e in valuta estera. Solo successivamente sarebbe stato possibile acquistare la criptomoneta in bolivar attraverso mercati secondari. Secondo le autorità, infatti, vendere il Petro inizialmente per i bolivar sarebbe stato andare contro la logica di avere un asset che potesse essere scambiato con valuta estera e non avrebbe attirato denaro nel Paese.

Nel febbraio 2018 iniziò la prevendita del Petro; dei 100 milioni di criptomonete emesse 82,4 milioni furono immessi sul mercato. Il 44% di questi fu offerta in una prevendita privata e a offerta pubblica iniziale, mentre il 38,4% venne destinato alla vendita ai privati. Il restante 17,6% fu invece trattenuto dalla Soprin- tendenza delle Criptovalute del Venezuela. Per tutta risposta il presidente statunitense Donald Trump firmò un decreto con il quale bloccava la «nuova moneta» emessa del governo venezuelano. Nello specifico l’ordine vietava transazioni che prevedevano l’acquisto del Petro.

Il primo ottobre questa criptovaluta di Stato entrò in funzione come moneta di scambio commerciale per le attività internazionali del Venezuela e parallelamente fu inaugurata a Caracas la sede della Sovrintendenza nazionale di criptoattivi (Sunacrip). Fu attivata anche la tecnologia blockchain per utilizzarla, sviluppata da ricercatori locali e che sostanzialmente consiste in un registro aperto e distribuito che può memorizzare le transazioni tra due parti in modo sicuro, verificabile e permanente.

Ogni venezuelano, in linea teorica, può utilizzare questa moneta virtuale iscrivendosi alla pagina www.petro.gob.ve da dove scaricare il «portafoglio» (digital wallet) per poterli accumulare. Viene anche offerta la possibilità di ottenere certificati di risparmio in criptomoneta.

Dallo scorso 7 luglio il Banco de Venezuela (Bov) è autorizzato a distribuire Petro coin ai venezuelani, anche se ancora non si conoscono i tempi, le modalità e i criteri di distribuzione.

La valutazione inziale era di 60 dollari, o 3600 bolivares sovrani, ovvero la stessa quotazione del petrolio. Attualmente un Petro vale circa 0,020$; un bitcoin, la prima e più famosa criptovaluta al mondo, vale 8.710$.

Fabrizio Di Ernesto

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