TRAGEDIA A CASTELFRANCO

Morta bimba di 18 mesi
dimenticata in auto

Una bimba di 18 mesi è morta mercoledì a Castelfranco di Sopra, in provincia di Arezzo, per arresto cardiaco dopo essere stata dimenticata in auto dalla mamma per cinque-sei ore sotto il sole. La mamma, 38 anni, avrebbe fatto la terribile scoperta all’uscita dal lavoro alle 14. La donna, residente a Terranuova Bracciolini (Arezzo), segretaria comunale di Castelfranco-Piandiscò, aveva parcheggiato intorno alle 8 la sua Lancia Ypsilon, vicino all’ufficio. In quel lungo lasso di tempo nessuno si sarebbe accorto della piccola nel sedile dentro l’auto. Testimoni hanno raccontato di aver capito cosa era accaduto solo dopo aver sentito le urla disperate della madre.

Un tragedia terribile che era già accaduta alcune volte. Alcuni esperti ipotizzano che un accadimento così grave, possa dipendere dallo stress. Paola Vinciguerra, presidente dell’Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico (Eurodap,) e docente all’Università Ludes di Lugano, spiega che «lo stress è una condizione che, se non accompagnata da momenti di defatigamento, produce un’alterazione chimica in tutto il nostro corpo creando stati di depressione, ansia e anche malattie fisiche. La donna che ha dimenticato la sua bambina in macchina ha registrato nella sua mente il fatto di aver portato la figlia a scuola come qualcosa di accaduto, anche se in realtà non ha mai eseguito quell’azione. Il tutto avviene in una falsa percezione di azioni compiute perché preventivate; poi il cervello, in uno stato di stress, si sposta sull’azione immediatamente da compiere dopo. Ecco allora che possono verificarsi cose terribili e inaccettabili».

L’esperta, intervistata dall’agenzia Agi, arriva ad affermare che gli odierni ritmi di vita sono paragonabili a una sorta di jet-lag sociale. Secondo la psicoterapeuta «situazioni ripetitive che obbligano a cambiamenti prolungati nel tempo come, attualmente, la crisi economica, la precarietà lavorativa, vengono vissute come una minaccia diretta, anche quando non lo sono, e ci costringono a vivere in stato di tensione continua. Colpa anche del vivere frenetico e compulsivo, governato oggi dal continuo ricorso alla tecnologia. Si fanno più cose contemporaneamente, si perde il contatto con la realtà, non si ascoltano né l’ambiente circostante né se stessi e le emozioni che si provano. Viviamo una sorta di social jet-lag, cioè c’è distanza tra il nostro ritmo di vita e quello che la nostra fisiologia richiederebbe. Il nostro cervello, infatti, è una macchina più lenta di quello che pensiamo, come è lento il ragionamento che ci permette di comprendere e metabolizzare gli eventi, consentendoci di neutralizzarli e proteggendoci dallo stress».

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