MALTRATTAMENTI AGLI ANIMALI

È tempo di inasprire
le pene

 

Un’altra assoluzione, un altro caso di «perdono». Forse la vita di un animale ucciso barbaramente non è così importante da decidere di condannare chi si è «divertito» con la vittima innocente fino ad ucciderla.

Forse è giunto il momento di inasprirle le pene, forse è giunto il momento di rivedere il codice penale, libro secondo, titolo IX «dei delitti contro il sentimento degli animali» inserito dalla legge 189/2004.

In uno Stato troppo «garantista» si rischia di giustificare l’ingiustificabile e di alimentare in qualche modo atteggiamenti e atti che non devono rimanere impuniti.

Ricordo il caso del cane «Angelo» a Sangineto, il caso del killer dei gatti a Perugia… e tanti altri. Forse è il caso di ripensare il concetto di maltrattamento e uccisione di animali e in qualche modo proiettare questa revisione al reato di maltrattamento e uccisione di donne, bambini, anziani?

Solo l’inferire su questi soggetti deve essere di per se un’aggravante. Non è possibile considerare il pentimento ai fini della pena. Il pentimento riguarda la coscienza che è elemento estraneo ai fini del giudizio. Allo stesso modo, riportare la formula dei «gravi indizi» a quella originaria di «sufficienti indizi» ex art. 273 del codice penale ai fini della probabile colpevolezza dell’indagato e delle relative misure cautelari.

Abbiamo bisogno di una giustizia «giusta», abbiamo bisogno di vedere condannati e puniti severamente coloro che maltrattano, seviziano, uccidono, stuprano. Solo così potremo arginare i reati terribili sempre più frequenti nel nostro paese. Lo dobbiamo agli animali, lo dobbiamo alle persone. Gli italiani lo chiedono.

Ernesta Cambiotti

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