CALCIO E COVID-19

I Governatori aprono gli stadi,
retromarcia del Governo

Stadi aperti in Serie A. I Presidenti di Regione costringono il Governo alla retromarcia

 

I presidenti delle Regioni costringono il Governo a fare marcia indietro e consentire l’accesso agli stadi di mille tifosi ad impianto. Stadi aperti in Serie A a cominciare dalle partite di domenica della prima giornata del Campionato.

Nonostante le pressanti richieste del presidente della Lega Calcio Paolo Dal Pino e dell’Ad Luigi De Siervo in vista della ripresa della Serie A, il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora aveva ribadito in settimana il suo «niet» al pubblico negli Stadi. Così i due anticipi di sabato della prima giornata del Campionato si sono svolti a porte chiuse.

Tuttavia Spadafora aveva dato venerdì l’assenso all’ingresso di mille persone alle finali degli Internazionali di Tennis in svolgimento a Roma nel fine settimana.

Una disparità di trattamento ingiustificata e tanto più stridente se si pensa al più agevole distanziamento possibile in uno stadio di Calcio rispetto ad un rettangolo del Foro Italico.

Nella breccia costituita dal provvedimento «pro tennis» si era però prontamente inserito il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, disponendo l’apertura degli impianti della regione con la stessa modalità. Alla sua ordinanza sono seguite in mattinata quella di Luca Zaia del Veneto e poi di Attilio Fontana della Lombardia. Alberto Cirio del Piemonte e Nello Musumeci della Sicilia erano pronti ad emettere analogo provvedimento.

Il pasticcio di Spadafora

Un vero pasticcio per il Governo rosso-giallo, per l’incoerenza delle decisioni prese, per lo scavalcamento da parte dei Governatori e per la disparità di condizione che si veniva a determinare sui vari campi da gioco. E così il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia è dovuto correre ai ripari e nel pomeriggio di sabato, mentre ancora si giocava Fiorentina-Torino, ha convocato un vertice urgente con il titolare dello Sport, quello della Salute Roberto Speranza e il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, che ha portato allo sbocco dell’incresciosa situazione.

La Lega, con i club furiosi anche a causa dei mancati introiti da botteghino, ha potuto tirare un primo sospiro di sollievo. «Il calcio merita rispetto – aveva dichiarato nei giorni scorsi Paolo Del Pino –, bisogna pianificare le cose dialogando. Il calcio rappresenta una delle più grandi industrie italiane, con un grande gettito tributario e previdenziale, dà lavoro a 300 mila persone fra diretto e indiretto, e rappresenta un fenomeno sociale importante. Ribadisco: c’è bisogno di rispetto, c’è un movimento che ha poco ascolto».

Distanze, mascherine e niente striscioni

Il pubblico torna quindi negli stadi, distanziato, con le mascherine e, per il momento, senza striscioni. È un primo passo. Ora la Lega Calcio si aspetta, dopo la verifica del 7 ottobre, di portare la presenza negli stadi al 25-30% della capienza complessiva. Mentre il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, attende che l’apertura al pubblico sia consentita anche agli altri campionati professionistici. «I protocolli di sicurezza – ha fatto notare Gabriele Gravina –sono i medesimi in ogni serie, quindi ci deve essere lo stesso trattamento».

Per la determinazione dei mille tifosi da ammettere allo stadio, almeno per le partite odierne le squadre procederanno ad inviti, dando probabilmente la precedenza a sponsor e partner commerciali.

In attesa di comprendere come si potrà assistere alle partire nel proseguo della stagione, che svolgerà presumibilmente tutta in assenza del vaccino anti covid-19 dal presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli arriva la raccomandazione: «È auspicabile un atteggiamento prudenziale e una omogeneità di approccio su tutto il territorio nazionale».

Vincenzo Fratta

 

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