DECRETO DIGNITÀ

Siamo veramente
sulla giusta strada?

 

Quando si parte dal lavoro dipendente, vuol dire che non si è capito il «verso». Non che i dipendenti non siano importanti, anzi. Ma dipendenti esistono se c’è un tessuto economico e produttivo e che lo stesso funzioni.

In Italia, nonostante i proclami, nonostante i messaggi, c’è una depressione infinita. Le imprese «boccheggiano», stanno morendo sotto il peso della tassazione e della burocrazia.

Adempimenti inutili per combattere un’evasione che sta da tutt’altra parte. Fumo negli occhi per i cittadini «onesti»… false speranze di rimettere in piedi un Paese inesorabilmente alla deriva.

Ci vuole coraggio nelle scelte, bisogna dare fiducia agli imprenditori, a quelli più giovani, ma anche ai meno giovani.

La fatturazione elettronica, la stretta sull’uso del contante, le tante comunicazioni e dichiarazioni… tanto vale mettere un cappio intorno al collo e dire: impiccatevi pure. La semplificazione, quella vera, è tutt’altro.

Quello appena varato, è un provvedimento deludente e forse peggiorativo per il mondo del lavoro. La precarietà esiste perché sono precarie le attività, perché ogni attività produttiva, ogni lavoratore autonomo e ogni professionista non sa se avrà un futuro, non sa se la sua «morte» dipenderà dalla sua volontà o da fattori esterni… non ha certezze.

Ma ora siamo tutti concentrati sui migranti… forse è questo che si vuole. Distogliere l’attenzione dai problemi più seri, quelli che, se affrontati con serietà e competenza, potrebbero riportare gli Italiani al grado di dignità che gli compete e che meritano.

Io voglio dare fiducia a questo governo, ma intanto, non mi lascio incantare. Posso augurare buon lavoro e… sperare.

Ernesta Cambiotti

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