SICUREZZA

Se non vogliamo vivere
«in un mondo di ladri»

 

È giunta l’ora di aggiustare il tiro. È sempre più urgente e prioritario restituire ai cittadini il diritto ad essere difesi e permettere alle Forze dell’Ordine di poter svolgere correttamente ed in sicurezza il loro dovere. Come si può inquisire e poi condannare un carabiniere o un poliziotto per aver, in flagranza di reato, afferrato per il collo, durante le concitate fasi di un arresto, un malvivente? Eppure è accaduto di nuovo. Se non ci si metterà mano normativamente, succederà ancora.

Ma, in un certo senso, purtroppo, sempre meno. Infatti i tutori dell’ordine sono stanchi di essere presi per criminali, loro che i criminali li devono fermare per evitare a noi di vivere, come dice Antonello Venditti, «in un mondo di ladri». Sempre meno attrezzati, malpagati, invecchiati da un turn-over sballato e, grazie a questo clima super-garantista, demotivati. Così correre dietro ai malviventi è diventato, nel corso del tempo, sempre più difficile, sicuramente non conveniente anzi quasi sconveniente.

Verrebbe da dire: ora o mai più. Ora c’è un Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, sensibile ai temi della sicurezza. È passata una importante riforma: quella sulla legittima difesa. Finalmente ci si è messa mano, si è tentato di porre rimedio ai guasti di decenni di interpretazioni pro-reo.

Ora, non per completare l’opera, che sarebbe impossibile senza la collaborazione di tutto l’arco istituzionale, ma per tentare di ristabilire lo squilibrio totale che regna nell’applicazione dell’amministrazione della giustizia, ci si dovrebbe impegnare in un’altra riforma: quella delle procedure.

Sì, perfezionare, con l’ausilio dei tutori dell’ordine, che queste regole applicano quotidianamente, le procedure utilizzate per svolgere i compiti della tutela dell’ordine e della sicurezza. Procedure che permettano agli operatori di lavorare e lavorare bene, essendo efficaci nel ripristino dell’ordine e della sicurezza.

Regole d’ingaggio, l’uso delle armi, i mezzi di contenzione, l’arresto, la custodia: sono solo alcuni punti, attualmente deboli sui quali occorre lavorare. Vanno individuate regole che tutelino il cittadino tutelando l’operatore di giustizia.

I tempi sono maturi, i temi sono sentiti e dibattuti fra la gente che si aspetta di veder migliorare la situazione in tempi rapidi. I cittadini si aspettano che un tutore dell’ordine si comporti correttamente seguendo una procedura adeguata che gli permetta di adempiere al proprio dovere. Tra le righe… l’assegnazione ai nostri ragazzi degli strumenti moderni di contenimento come la pistola elettrica Taser non è più procrastinabile. La situazione va regolata. La giustizia è malata. Bisogna salvarla.

Il Guardasigilli Alfredo Rocco, padre del Codice Penale, definiva la presunzione d’innocenza «un’idea sciagurata delle dottrine demo-liberali» per cui lo Stato non è altro che un insieme di rapporti gerarchici rigorosamente fondati sul principio di autorità. Insomma un «prodotto malsano di quella generica tendenza favorevole ai delinquenti, frutto di un sentimentalismo aberrante e morboso, che ha tanto indebolito la repressione e favorito il dilagare della criminalità». Dobbiamo ammettere Rocco, almeno in parte, aveva ragione, le garanzie procedurali e processuali sono un corollario della cultura liberal-democratica che ora sono state però così tanto estese da rendere impossibile l’amministrazione della giustizia.

Non dobbiamo certo tornare agli anni ’30 del secolo scorso, quando venne esclusa la presenza del difensore da tutti gli atti istruttori fondanti il procedimento penale, già istituita dal codice liberale nel 1913 che invece prevedeva l’assistenza dell’avvocato ad alcuni atti della fase di indagine: esperimenti giudiziari, perizie, perquisizioni domiciliari, ricognizioni.

Infatti l’importanza della difesa è fuori da ogni discussione, bisognerebbe, però, restituire agilità all’azione penale e soprattutto ripristinare la certezza della pena. Togliere il fardello dal piatto della bilancia della Giustizia così da ridare il giusto equilibrio. Stare tutti dalla parte della legge è la priorità e così garantire ai tutori dell’ordine l’alleanza delle istituzioni.

Un nuovo modo di approcciare la giustizia urge. Un patto per la giustizia appare necessario ed impellente. La terzietà dei giudicanti sancita dall’articolo 111 della nostra carta costituzionale non può trasformarsi in inquisizione degli agenti che, troppo spesso con la loro vita, pagano colpe non loro. Siamo in tempo, questa legislatura potrebbe ancora farcela. Questi sono i temi sentiti dal popolo e che il popolo riconosce come bisogni primari, a buon intenditore poche parole.

Lino Rialti

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