SALUTE
Uova al Fipronil scoperte
anche in Italia

La scoperta di uova contaminate dal Fipronil nelle Marche coinvolge anche l’Italia nell’ennesimo scandalo di contaminazione da pesticidi nelle derrate alimentari. Non solo uova provenienti dall’estero, quindi, ma anche nostrane.

Una positività al Fipronil è stata infatti rilevata anche su di un campione di uova a Civitanova Marche. Lo ha comunicato la Regione Marche. I laboratori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche, hanno rilevato quantità di Fipronil pari a 0,033 mg/kg (inferiore al limite di tossicità acuta che è di 0,72 mg/kg).

Le uova positive sono state ritirate dal mercato. Ma stiamo al sicuro? Se, in questo caso, il limite per tossicità acuta non è stato raggiunto, sicuramente una esposizione prolungata porterebbe all’accumulo nel nostro organismo con potenzialità di sicuro non benefiche. Resta il dubbio sulla eventuale presenza di pesticida nel passato e vi è una forte possibilità di potenziali contaminazioni future di questo o di altri pesticidi. Resta poi un dilemma: se il Fipronoil è vietato, molti altri principi attivi sono autorizzati e inevitabilmente entrano nel ciclo vitale degli animali, quindi nelle uova e nelle carni.

Ma proviamo a capire se sia stato un caso o se il rischio è veramente sempre in agguato: le contaminazioni dovrebbero essere avvenute per un utilizzo improprio del Fipronil, un insetticida normalmente utilizzato per uccidere pulci e zecche negli animali domestici, nelle fasi di disinfestazione dai parassiti delle galline. Insetticidi e disinfettanti sono regolarmente utilizzati su gabbie, posatoi ed animali. Ne esiste una lunga lista autorizzata a tale scopo sia durante il ciclo dell’allevamento che nel periodo di vuoto sanitario dopo lo svuotamento dei capannoni.

Tutti noi vogliamo alimenti sempre meno cari. Le grandi aziende specializzate nell’allevamento (in Italia le principali sono solo 5) ci danno quel che cerchiamo: carne e uova a basso costo. I sistemi di allevamento però debbono essere ad altissima resa con pochissima mano d’opera. Gli spazi negli allevamenti devono essere sfruttati al centimetro. Allevamenti intensivi, con decine di migliaia di capi stivati in gabbie o ammassati in capannoni, senza luce naturale ne sono la soluzione. L’alta concentrazione in spazi esigui, l’aria irrespirabile, le polveri e gli aerosols contenenti ammoniaca, dovuta all’evaporazione della frazione umida delle feci, rendono necessario trattare preventivamente gli animali per parassiti e malattie comuni.

Nel 1910 in Italia, per esempio si consumavano circa 10 kg di carne a testa di cui 3 avicola all’anno, oggi ne mangiamo circa 142 kg di cui 35 di avicola. I consumi di tutte le carni sono stati da sempre stabili con lievi oscillazioni sino al dopoguerra e poi col boom economico sono cominciati a salire vertiginosamente. Ma abbiamo veramente bisogno di mangiare così tanto e così male?

Lino Rialti

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