LA RIFLESSIONE

Razzismo
o guerra fra poveri?

 

«Siamo sempre più xenofobi e razzisti», questa è l’affermazione, riguardo noi italiani, che rimbalza tra Francia e Germania fino ad arrivare al parlamento europeo. Salvo però scaricarci gruppetti di migranti, indesiderati, anche sconfinando ed in barba ai trattati internazionali (vedi la vicenda senza fine dei gendarmi francesi) o innalzando barriere anti-migranti al confine con l’Austria, solo per fare un paio di esempi.

Ma, se al posto di esseri umani disperati, fossero ricchi commercianti o meglio pupilli delle dinastie indiane, africane o arabe, sarebbe esattamente la stessa cosa? Molto probabilmente no. Quindi non è puramente una questione razziale. La razza, il colore della pelle, l’etnia non sono in discussione, almeno nella maggior parte dei casi. Tanto per capirci, a nessun emiro arabo è stato mai rivolto alcun epiteto razzista così come a nessuna modella nigeriana è mai stato riservato null’altro che un caloroso benvenuto nel nostro Paese.

Purtroppo è questione di povertà. Si potrà controbattere che la nostra povertà sia meno materiale e più spirituale e morale. Non saprei, certo, quale scegliere se messo alle strette, ma forse preferirei essere preso per un buzzurro che vedere la fine dei giorni miei e della mia famiglia, fra stenti e miseria. È risaputo infatti che, fortunatamente, nessuno muore di fame in Italia. Ma resta seria la questione della dignità legata al reddito. La vile pecunia insomma conta… eccome.

La crisi economica portata dal collasso del sistema economico-finanziario tradizionale ci ha fatto sprofondare in una nuova era, dove molte certezze non sono più presenti e, di converso, le incertezze pullulano. Basta guardarci in faccia. Siamo un popolo che ha perso il gusto del sorriso, della gentilezza. L’educazione ed il garbo sembrano perduti. Non è da sottovalutare la perdita del rapporto formale, poiché sintomatica, al Lei si è oramai soppiantato un trogloditico Tu, sempre e comunque.

La risata sguaiata è l’unica ammessa per rompere il broncio che ci caratterizza i lineamenti. Ma non è mai troppo tardi per un revival contro-modaiolo. La rivalutazione dei rapporti sociali sembra urgentemente necessaria. Infatti, nel modello sociale attuale, l’unica relazione che si è salvata è quella inter-familiare. E non è certo un bene. Questo nucleo relazionale primordiale sembra l’unico superstite. E, quando, purtroppo molto spesso, entra in crisi, porta alla disperazione degli individui che si trovano sbandati e senza più alcun punto di riferimento.

Anche gli ultimi gravi episodi di persecuzione e pestaggio ai danni di migranti fanno parte di questa storia moderna: una guerra fra poveri senza vinti o vincitori. Lo Stato viene visto lontano, è stato dipinto troppo spesso come patrigno e non come padre benevolo. Grazie ai misfatti dei suoi rappresentanti politici, abbiamo collettivamente perduto fiducia nella sua struttura organizzativa e sociale.

Così si passa sempre più spesso al fai-da-te. Una sorta di ribellione contro chi, a torto o a ragione, dovrebbe proteggerci e custodirci. Una disobbedienza in-civile dove i combattenti di turno si coalizzano individuando, spesso come unico comune denominatore: il nemico, il diverso, il migrante. Tutto è più semplice se ci si coalizza contro qualcun’altro.

Gli altri problemi passano veramente e subito in secondo piano. Se manca il lavoro, se non si riescono a pagare affitto e bollette, se ci si ammala e non si hanno i soldi per curarsi adeguatamente, se anche la famiglia si sfalda e si divide… il nemico comune, una volta individuato, rappresenta il capro espiatorio, il male assoluto sul quale riversare frustrazioni e rabbia.

Quindi il razzismo, vero o presunto, è il prodotto di un aborto. Il frutto del tradimento di un patto sociale e soprattutto generazionale. I ragazzi ed i giovani uomini, senza speranza si aggirano per le strade della vita nello smarrimento. Non esiste più un collante ideologico, se non estremistico. Quindi, quando non c’è scelta, o non si compera affatto e si rimane in disparte o si compra l’unico prodotto che è posto sul mercato sociale. Il monopolio del mercato attuale vuole la maledizione dell’altro per l’esaltazione dell’io. E questo è quello che succede.

Questi problemi non possono non essere analizzati non porgendo uno sguardo indietro, verso il recente passato e guardando a dati statistici interessanti. L’italiano è semplicemente stanco, immerso in una crisi economica che sembra senza fine da oltre un decennio. I disperati sono tanti nell’Italia di oggi: oltre un milione nella fascia 35-49 anni. Sono disoccupati ed hanno anche perso ogni speranza di trovarlo il lavoro. I veri poveri sono cresciuti dal 4% del 2008 al 7% del 2017, non è poco, stiamo quasi raggiungendo il raddoppio in soli 10 anni.

Immersi in questo malessere non è facile restare lucidi, la rabbia monta con il crescere della disperazione di non riuscire ad intravvedere una luce infondo al tunnel. Anzi la sensazione di sconforto è predominante e non si ha nemmeno la forza di guardare avanti. Alcuni individui, oltre a covare risentimento, lo cominciano a manifestare nella forma emotiva e violenta, la peggiore poiché non razionale, non pianificata e quindi senza calcolo di eventuali conseguenze che potrebbero spesso portare a desistere.

È umano provare intolleranza verso coloro che sono visti come invasori che rubano dal misero piatto che il politico di turno porge quale elemosina. Quindi anche l’ospitalità dovuta ai migranti è vista come un oltraggio alla propria miseria. Quando non si riesce a fare la spesa per la propria famiglia gli occhi si iniettano di sangue guardando i migranti ospitati in strutture ricettive.

Il politico vero, il saggio, lo statista, colui che pensa al bene della nazione dovrebbe puntare in primis alla pace sociale. Garantire a tutti la dignità di un lavoro adeguato e non sperperare fondi in forme di reddito garantito che falsano aspettative e non risolvono il disagio personale reale e peggio non modificano quello percepito.

Bisognerebbe fermarsi a riflettere che, anche se magicamente, riuscissimo ad eliminare tutti i migranti irregolari, la povertà e la disoccupazione resterebbero inalterati ed addirittura perfino la percezione dell’insicurezza resterebbe pressoché inalterata.

La contrapposizione del «noi» contro il «loro», se paga in termini di riscontro elettorale, prima o poi deve essere accantonata per evitare l’esacerbazione di sentimenti che possono anche sfuggire di mano.

Lino Rialti

 

Nella foto: la nazionale femminile di pallavolo, seconda classificata ai recenti mondiali in Giappone. I media tradizionali hanno enfatizzato il ruolo delle due italiane di colore a discapito del contributo dell’intero sestetto azzurro. Un altro modo errato di approcciare il delicato tema dell’integrazione.

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