PUBBLICA ISTRUZIONE

Se la scuola vuole chiudere
per il Ramadan

L'Istituto scolastico Iqbal Masih di Pioltello che ha dichiarato festivo l'ultimo giorno del Ramadan

 

All’istituto scolastico «Iqbal Masih» di Pioltello, un comune della città Metropolitana di Milano, hanno programmato una chiusura per il giorno della fine del Ramadan, giorno di festività per persone di fede islamica, alla fine di un mese di digiuno per ricordare la dettatura del Corano.

Per il Ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara e l'Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia la decisione dell'Istituto «Iqbal Masih» di Pioltello esula dalle competenze della scuolaIl nome dell’Istituto è in onore di un bambino pachistano vittima dello schiavismo, e poi attivista contro ogni sfruttamento dei bambini. Un bel libro, da far leggere ai bambini, ripercorre in maniera fiabesca la sua storia.

La pratica del digiuno nelle scuole, come anche dell’uso del velo, è stata già oggetto di polemiche, e di attenzioni da parte degli Istituti scolastici.

Pur con tutte le attenzioni per coniugare inclusività e libertà religiosa (prevedendo turni differenti di riunione in sala mensa), una circolare ha avvertito che in caso di malesseri (a seguito di digiuni prolungati di ragazzi piccoli) si provvederà a segnalare la Procura del Tribunale dei Minorenni.

Il caso dell’Istituto di Pioltello è invece del tutto nuovo e ha suscitato un notevole dibattito.

La posizione del ministro Valditara

Il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara era intervenuto ragionando sull’impossibilità per gli Istituti di istituire nuove feste (anche in via indiretta), come anche di prevedere più di 3 giorni di deroga come stabilito dalla Regione Lombardia.

Evidentemente sono osservazioni corrette se l’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia, in una Nota ha chiesto di disapplicare in autotutela la delibera per irregolarità riscontrate.

A difesa del Ministro era intervenuto anche il Presidente del Senato Ignazio La Russa che aveva ribadito l’impossibilità di stabilire nuove feste per una sola religione, con evidente discriminazione per le altre, tra cui, ad esempio, l’Induista. Peraltro lo Stato italiano ha firmato un intesa con gli appartenenti alla fede induista (attraverso l’Unione Induista Italiana), a differenza dei fedeli islamici. Certamente, questa mancanza di riconoscimento, nonostante  i numeri superino di gran lunga altri protagonisti di Intese, deriva anche dagli eventi politici occorsi all’inizio del nuovo millennio, la seguente retorica dello scontro di civiltà, come anche l’assimilazione islamico-terrorista.

Ci sono, comunque, anche principi di ordine pubblico che impedirebbero una totale assimilazione di principi come quello della poligamia che svilisce la dignità della donna, tuttavia la stessa cosa potrebbe dirsi per la classificazione per caste della religione indù, mentre, è evidente, ciò non è stato un ostacolo irrimediabile all’Intesa.

Le circolare dell’Istituto Iqbal Masih

Analizzando la circolare dell’Istituto, effettivamente, però, i rilievi dell’Ufficio Scolastico Regionale sembrano corretti: sono infatti presenti già tre date stabilite dal Consiglio d’Istituto, in deroga, e poi con un asterisco viene menzionata la chiusura per il giorno di fine Ramadan (ancora non conosciuto al tempo).

Il riferimento ad una festa religiosa (poteva essere omesso, e indicato solo il giorno), è una prima irregolarità, come pure l’ulteriore deroga.

Dovrebbe quindi prendersi atto della situazione e procedere, casomai, con una nuova convocazione del Consiglio d’Istituto che sostituisca uno dei giorni fissati in deroga con il 10 aprile.

Questo, peraltro, quanto dichiarato, dopo la risposta dall’Ufficio scolastico regionale della Lombardia, dal Preside dell’Istituto: «Ringrazio l’Ufficio Scolastico per il celere riscontro in merito alla necessità di disapplicare la delibera del Consiglio di Istituto relativa al calendario scolastico 2023/2024. Sarà pertanto doveroso coinvolgere nuovamente gli organi collegiali nel processo decisionale che porterà alla nuova delibera. Chiedo che si allenti la tensione mediatica verso la nostra Scuola, in primis per la serenità degli alunni e del personale tutto».

La polemica

La questione, infatti, come al solito, è scivolata su altri piani rispetto a quello squisitamente tecnico.  Striscioni come «scuola italiana, mai musulmana: vietato chiudere!», riferiti ad un Istituto che prende il nome da un bambino pachistano, oppure le parole di Salvini che mette in analogia la rimozione del crocifisso dalle scuole con la scelta di chiusura per il Ramadan, nonostante, in ambedue i casi, chi si oppone ai simboli e alle festività religiosa ha un evidente retroterra laicista, secondo la laicitè (atea) francese, hanno fatto risaltare la questione a livello nazionale, con evidente senso di insicurezza per i bambini coinvolti.

L’intervento pacificatore della Chiesa di Milano e di altri esponenti ecclesiali, ha dovuto, necessariamente a questo punto, porre l’attenzione sul contesto: 40% di bambini musulmani nell’Istituto, e sulla finalità della scuola di generare rete, superare vuoti, in un mondo sempre più diviso.

La questione delle radici

A ciò posso aggiungere una riflessione che, per me, non è di un giorno, ossia la questione delle radici e dell’identità. Infatti, è proprio dalla sicurezza di una fede ben piantata nella realtà, con radici nel passato (e questo è scontato), ma anche nel presente (e su questo spesso c’è un rifiuto, non riconoscendosi, alcuni «identitari», nella Chiesa di oggi), e quindi, si spera, nel futuro, che nasce la volontà e la necessità di un dialogo.

La fede, essendo universale, è un’identità inclusiva, che connette alla sfera più alta dell’uomo che si può ben definire, oltre che animale razionale, un animale sociale, libero, anche spirituale.

Relazionarsi su questo piano si può definire, quindi, la più alta forma di dialogo.

Armando Mantuano

Lascia un commento