PADOVA

Morto il neonato «scosso»
dalla madre

 

Staccate le macchine che tenevano in vita il piccolo di cinque mesi, giunto in ospedale in coma dopo che la madre lo aveva scosso brutalmente perché «non smetteva di piangere». La commissione medica ha decretato la morte cerebrale del piccolo, a seguito di scrupolosi esami, e dopo un consulto in equipe sono state staccate le macchine che tenevano in vita il bambino. La Procura ha autorizzato l’espianto degli organi.

Il fatto. Era stata la donna a confermare ai carabinieri, ai sanitari come ai magistrati di essere stata lei a scuotere furiosamente il piccolo perché all’alba di sabato scorso non riusciva ad addormentarsi. Dalle verifiche di accertamento sulla donna, 29enne originaria di Vicenza, si afferma che la donna non «sarebbe stata in sé quando ha fatto del male al bambino-suo figlio». Ora per la madre dovrebbe essere formalizzata l’accusa per «omicidio colposo».

Il pianto nel bambino. Quando un neonato piange coccolalo, accarezzalo ma non scuoterlo e sbatterlo mai’. È un’anima delicata-fragilissima e va caldamente evitato di sbatacchiarlo in quanto la sua testa più pesante del corpo, potrebbe subire dei contraccolpi fatali e ciò può essere pericoloso. È un comportamento che va evitato.

Attenzione al gioco: a volte abitualmente per distrarre e/o giocare il bambino si usa «il vola vola» ossia quella modalità di far saltare il bambino dal basso verso l’alto. Non va fatto neanche questo perché la sua testa può subire traumi irreparabili.

Il pianto del bambino-neonato è il solo strumento che lo stesso ha per comunicare di avere fame, sete, sonno, caldo, freddo, o il bisogno di essere cambiato o semplicemente di avere bisogno di coccole e/o di un contatto fisico per essere rassicurato.

I bambini-neonati non vanno mai scossi. L’effetto dello «scuotimento» è una sindrome, della quale non si parla ancora abbastanza, conosciuta anche come «trauma cranico abusivo» (Aht). Difficile da diagnosticare, può provocare danni di diversa entità fino alla morte del bambino, come nel caso del piccolo di Padova.

Letteralmente la «sindrome del bambino scosso» è la conseguenza di una forma di maltrattamento fisico, intra-familiare ai danni di bambini al di sotto dei due anni di vita, che può avere esiti drammatici e di difficile diagnosi. Il bambino viene scosso violentemente per reazione al suo pianto inconsolabile, con conseguente trauma dell’encefalo e successive sequele neurologiche.

Il rischio di danni gravissimi. Se un bambino viene scosso con forza, il cervello si muove liberamente all’interno del cranio, provocando ecchimosi, gonfiore e sanguinamento dei tessuti in una parola «lesioni gravissime». I danni di tipo neuro-psicologico provocato dallo scuotimento riguardano: disturbi dell’apprendimento, dell’attenzione, della memoria, del linguaggio, disabilità fisiche, danni alla vista o cecità, disabilità uditive, paralisi cerebrale, epilessia, ritardo psicomotorio e mentale.

Solo nel 15% dei casi non ci sono ripercussioni sulla salute del bambino. La «sindrome del bambino scosso» può portare anche al coma o alla morte del bambino fino in ¼ dei casi diagnosticati. Qualunque sia il motivo (fame, sete, febbre, caldo, freddo, sonno, come anche il bisogno di essere rassicurato, cambiato e/o di coccole; il contatto fisico per essere rassicurato) non bisogna mai scuoterlo per calmarlo, perché anche se può sembrare un gesto banale e scontato, i danni sul bambino, potrebbero essere gravissimi.

Antonella Betti

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