LIMITARE LA CACCIA

Le doppiette soltanto
nelle appositive riserve

 

La caccia è indifendibile. Che uccidere «per passione» sia deleterio nessuno lo può negare. Esperti e naturalisti osservano da anni la diminuzione di moltissime specie, come le ballerine gialle, le peppole, il picchio, il gheppio ed il lodolaio. Altri uccelli come la rondine montanara è praticamente scomparsa per la distruzione dell’habitat naturale (ad esempio i dirupi rocciosi sono messi in sicurezza con reti che impediscono la loro nidificazione). L’aquila reale è pressoché scomparsa dai cieli a causa del cosiddetto «prelievo» venatorio. Le lepri, le starne e le coturnici, prede tipiche del rapace scarseggiano a causa della caccia, affamando così, i grandi predatori. L’agricoltura estensiva e l’uso di pesticidi fa il resto.

Uno sterminio quello della caccia che si accompagna alla pratica barbara e criminale dell’uso dei bocconi avvelenati. Usati per «il controllo dei nocivi» (i nocivi sarebbero i piccoli predatori come le volpi o le faine) che arriverebbero prima dei cacciatori sulle prede appena ripopolate, come i fagiani e le quaglie che, provenienti fa allevamenti-pollaio, hanno perso la selvaticità, le capacità e gli istinti utili alla mimesi ed alla fuga. Senza dimenticare che i bocconi avvelenati sono spessissimo destinati ai cani dei concorrenti in una corsa all’ultimo sparo.

Sono sempre più frequenti i viaggi oltre confine dei cacciatori che si spingono verso la ex-Jugoslavia, la Romania, l’Albania, ma anche più lontano, poiché qui «non c’è più niente» come spesso affermano. Una nota di colore, molti di questi viaggi uniscono «l’utile» (la caccia) al «dilettevole» ossia oltre confine vi sono casinò con annessi postriboli dovei nostri eroi sparatutto vanno a soddisfare, lontano da mogli ignare, i loro istinti doppiamente bestiali. Forse sarebbe ora di mettere mano a questo settore.

Un bacino di voti (quello dei cacciatori) trasversale, una fortissima lobbie che ha permesso la sopravvivenza di questa barbara pratica atavica e sconsiderata. Il divieto assoluto sarebbe auspicabile, ma nel frattempo almeno il varo di una legge che vieti la caccia sulle aree pubbliche e private non destinate specificamente alla caccia (le cosiddette «riserve») e solo a capi introdotti e non selvatici.

Un divieto dovrebbe essere imposto subito: l’attraversamento ai cacciatori delle proprietà altrui. Se la legge è uguale per tutti, anche i cacciatori non devono potersi spingere all’interno di fondi privati. Il rafforzamento della vigilanza sulla caccia si rende infine necessario.

La paventata eliminazione delle Province ha causato, in pratica, fra l’altro, l’azzeramento del personale della Polizia Provinciale che aveva compiti di vigilanza ed ispezione sulla caccia. Oggi i cacciatori sono controllati da pochissime guardie zoofile ed in maniera quasi esclusiva dai cacciatori stessi attraverso loro volontari. Un’aberrazione in teoria e nella pratica. Come assegnare la vigilanza di una banca ad una banda di rapinatori. E scusate il parallelismo ed il sillogismo.

Lino Rialti

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