25 APRILE, UNA FESTA DIVISIVA

Il partigiano Alfredo
mi ha raccontato…

I presidenti della Repubblica, del Consiglio e di Camera e Senato all'Altare della Patria per la ricorrenza del 25 aprile

 

Conobbi Alfredo all’inizio del Duemila in un pomeriggio ventoso di Settembre. Era un signore anziano, alto e robusto con uno sguardo attento e risoluto.

Durante la Seconda Guerra mondiale, aveva ricoperto la carica di ufficiale d’artiglieria nel Regio Esercito. Aveva combattuto in Grecia, Albania e Yugoslavia, fino a quel tragico 8 Settembre del 1943, quando riuscì ad eludere la vendetta tedesca e a rientrare nella sua Modena.

Cattolico, di famiglia medio borghese, Alfredo decise di entrare in una banda partigiana, consapevole anche della sua esperienza di reduce. Restai ammaliato da questa storia e nonostante le renitenze iniziali, iniziò a raccontarmi della sua militanza.

Lo scontro a fuoco sull’Appennino

Scontro a fuoco sulla Linea GoticaDa appassionato di storia la prima domanda che gli feci fu quella di sapere se avesse mai partecipato a scontri a fuoco. Mi disse di sì ma che non aveva voglia di rivivere quei momenti.

Compresi la sua titubanza, ma poi come un fiume in piena cominciò a raccontare: «Vedi questo squarcio sul collo? È un ricordo di una pattuglia tedesca della ‘Hermann Goering’ sull’appennino Tosco Emiliano nell’inverno del 44’.

Io e due altri miei compagni, decidemmo di fare un’imboscata ad un gruppo di sciatori tedeschi in perlustrazione che avanzavano in un vallone. Eravamo in una posizione di vantaggio appostati su un picco e loro in basso. Cominciammo a sparare con il 91’ (fucile d’ordinanza nel Regio Esercito ndr) e la pattuglia si disperse subito, confondendosi, grazie alle loro tute mimetiche nel bianco della neve.

Alfredo è ferito, due compagni morti

Decidemmo, quindi, di sganciarci, visto che comunque qualche danno lo avevamo fatto. Mentre ci ritiravamo, bassi a fil di roccia, arrivò una raffica di mitragliatrice. I miei due commilitoni caddero subito feriti mortalmente. Io presi un proiettile di rimbalzo che fuoriuscito dal corpo del secondo partigiano mi trafisse il collo restando incastrato nella gola.

I tedeschi ci avevano aggirato e presi sul fianco! Nonostante le ferite, fortuna volle che grazie al calar del sole riuscii a dileguarmi all’interno di un bosco, e successivamente a chiedere aiuto. Vedi? Questo è il proiettile che mi estrassero. Lo porto come ricordo e ci ho fatto un portachiavi».

Dopo qualche giorno Alfredo tornò a trovarmi. Era un fiume in piena e continuava a raccontarmi delle sue vicende, quasi a volersi togliersi un peso che da anni portava nei recessi della sua coscienza.

«Con i tedeschi non si scherzava. Ogni volta che decidevamo di affrontarli era sempre un terno a lotto, nel senso che non sapevi se riuscivi a tornare. Con i soldati dell’Rsi avevi qualche possibilità in più, visto il loro scarso addestramento».

Pochi partigiani veri, molti opportunisti

Partigiani comunisti «Poi la guerra finì e il 25 aprile di quel 1945 festeggiamo la fine di un incubo. Ma in tanti salirono sui carri dei vincitori, spacciandosi per combattenti per la Libertà laddove erano rimasti alla finestra come semplici spettatori.

La Resistenza fu fatta da tutti. E non ho mai accettato il tentativo della Sinistra di appropriarsi di un momento storico ad esclusivo uso politico. Non c’erano solo loro! E così fu».

Alla fine di queste conversazioni, l’arzillo Alfredo volle regalarmi un libro sulla lotta partigiana. Sulla prima pagina ci vergò una dedica: «A Massimiliano con simpatia, Alfredo. Uno che c’era».

Un passato da consegnare alla storia

Soldati della RsiDomani sarà l’ennesimo 25 aprile. Ancora una volta, per colpa di alcuni, è una Festa Nazionale che divide e non unisce gli italiani.

Tutti adoriamo la libertà e nessuno ha mai auspicato ad un ritorno nostalgico dei regimi autoritari, tuttavia a distanza di 78 anni c’è chi ne mette ancora in discussione i propositi, tentando di affibbiare una sorta di patente o di brevetto di antifascista doc.

La nostra Patria è un paese democratico, lo sono le Istituzioni, lo è la nostra Costituzione, lo è anche il popolo. Siamo in un paese civile nel concerto della Comunità Europea e viviamo di confronti politici, anche aspri, ma sempre nell’ottica dell’alternanza e del rispetto dei diritti altrui.

Nessuno delle nuove generazioni può sentirsi responsabile di quello che accadde quasi un secolo fa. Tuttavia consegnare alla storia quel periodo nefasto ci farà sentire, testimoni e partecipi del concetto del «libero pensiero» civile e democratico.

Le divisioni lacerano, creano muri e spingono alla reazione. Per molti di Noi i conti con la storia sono stati già fatti e non serve per ogni ricorrenza riaprire il taccuino segnando i Buoni e i Cattivi.

I Ragazzi di Salò si trovarono dalla parte sbagliata. Un milione di italiani che servirono nella Repubblica Sociale Italiana, con coraggio e in buona fede. Anche loro, come i Partigiani pagarono un pesante tributo di vite umane, subendo l’eccidio anche a guerra finita, in una serie di vendette personali perpetratesi fino agli inizi degli anni Cinquanta.

Oggi è un nuovo 25 aprile, ma purtroppo sarà ancora una festa divisiva.

Massimiliano Burri

 

 

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