TV - GIOVENTÙ MELONIANA

Il grottesco b-movie
spacciato per inchiesta

Lo scoop ad orologeria «Gioventù Meloniana» andato in onda su La7 trasforma l’inchiesta in un format televisivo, in un grande fratello della sagra della «reductio ad hitlerum». L'ossessione della sinistra per colori, vestiti e gesti.

 

Piazza Pulita, il programma di Corrado Formigli su La7, è solito veicolare l’ossessione della sinistra per il «fascismo», non inteso quale ideologia o gestione arbitraria e tirannica del potere, ma come ritorno di presunti colori, vestiti, gesti. Ed ecco arrivare Gioventù Meloniana. una specie di film di serie b, in cui si vedono i morti viventi ritornare, e li riconosci dal fez.

L’inchiesta di Piazza Pulita

Il conduttore di Piazza Pulita Corrado Formigli nel salotto della Gruber a glorificare lo pseudo scoop Gioventù Meloniana realizzato da FanpageTale deve essere considerato lo «scoop ad orologeria» realizzato da Fanpage per La7. Attirate l’attenzione con l’uso della telecamera nascosta, oscurate e appannate i contorni per fare puntare l’occhio verso gestualità sfocate, aggiungete una sicura voce didascalica, e la «Gioventù Meloniana» è bella e servita.

Gli autori promettono di guidarci verso l’abisso, dove, insieme a pause studiate per evidenziare l’enormità di quanto trovato, si trovano scatti di video della Meloni sul palco, troppo repentini per esercitare il giudizio critico.

La puntata già andata in onda si snoda dalla precedente festa di Atreju e, considerando che tra pochi giorni ci sarà la nuova edizione, si può comprendere il tempo trascorso a raccogliere materiale compromettente.

Molto tempo, poco materiale compromettente, a meno di voler considerare tale qualche evidente battuta goliardica, oppure qualche esternazione alcolica.

Tuttavia l’occasione è propizia per fare alcune considerazioni riguardo lo stile dei cosiddetti militanti del gruppo giovanile di Fratelli d’Italia.

Prima però alcune considerazioni anche sullo stile dell’inchiesta.

L’infiltrata di Fanpage

Non c’è da inneggiare al coraggio, la giornalista non si è infiltrata in una cosca, in un centro sociale occupato o in una setta, ma in un circolo politico di un partito non certo antagonista, ma istituzionalizzato e al governo. Questo significa che i militanti avevano più paura di quanta ne avevano i giornalisti, e questo si nota bene nel video.

La giornalista, poi, spesso, sembra indirizzare la conversazione, i toni e le battute verso gli epiloghi poi evidenziati.

Per essere credibile avrà sicuramente fatto un percorso in cui a poco a poco ha iniziato ad avere atteggiamenti sempre più stereotipati. Atteggiamenti che le persone che aveva avvicinato utilizzavano per avere sempre più confidenza con lei, evidentemente una buona penna (aveva scritto alcuni articoli su una testata di area per rendersi insospettabile) e una persona su cui puntare per il futuro.

Lo stile militante

La pubblicità di momenti, anche intimi, dei circoli, di momenti conviviali, esclusivi, pur se funzionale ad una pruderie, aiuta a vedersi allo specchio, e i militanti di Gioventù nazionale dovrebbero farne tesoro.

Forse non riuscirà questa inchiesta a confermare ciò che per la sinistra è l’ovvio, ossia il ritorno del fascismo in Europa, ma consegna alla memoria una ritualità e una gestualità spenta, automatizzata, direi anche lobotomizzata, dove è difficile riconoscersi con convinzione e fare comunità.

Sembra perdersi il significato più profondo, di fronte ad un richiamo meramente storicizzato e quindi stantio della propria esperienza politica, quasi che non si riesca a trovare qualcosa che travalichi i secoli e ci si affidi a riedizioni e fac simili della propria personale narrazione (magari filtrata in famiglia) di un preciso periodo storico che non sembra assimilato proprio da nessuno.

Oltre a ciò, la calcolata doppiezza di lasciare nell’ombra e per pochi la possibilità di condividere tale narrazione, proprio ciò su cui prevedibilmente si sarebbe concentrata qualsiasi inchiesta, anche visti i precedenti, avida di braccia tese.

Bisogna ammettere che tale doppiezza è frutto sicuramente della mancanza di dibattito ad ogni livello che caratterizza da sempre l’argomento. Ciò che è tabù, che non viene argomentato, non suscita adesioni e convinzioni reali, e di ciò ci si dovrebbe interrogare.

In fondo un atteggiamento non troppo dissimile rispetto a quello che si vorrebbe condannare e, purtroppo, sempre più esteso ad altri ambiti più o meno contigui.

La tempistica di Gioventù Meloniana

Se un’inchiesta è buona o no lo si può vedere da quanto ampio è il dibattito che suscita. Gli interrogativi posti nel presente contributo, volti ad esaminare e riconoscere più la sostanza che la forma del fascismo, non sono nemmeno stati considerati, tutti volti, invece, a vedere al Var (con chiacchiere da bar), i momenti di un saluto o scontro con l’avambraccio.

Ad esempio se tale gesto è utilizzato in ambienti di destra radicale (così viene definita l’area, estrema destra è veramente desueto), sorprenderà sapere che viene rievocato come gesto dei carbonari nel film di Luigi Magni del 1969, «Nell’anno del Signore».

Così si salutano Leonida Montanari e il neofita Angelo Targhini, protagonisti poi della successiva esecuzione, osannati come eroi dello Stato liberale.

Lo stesso saluto romano, in realtà, riprende più la rappresentazione del giuramento degli Orazi del pittore rivoluzionario Jacques Louis David. Gesti e simboli, quindi, di cui nemmeno l’Ue, o, almeno, il portavoce della Commissione conoscerebbe il significato.

Ci sarebbe poi da indagare il doppio standard della Ue riguardo certi temi, ma è un «tema» da trattare a parte.

Il bersaglio è la Premier

In «Gioventù Meloniana» ci si sforza di dare in pasto al pubblico momenti privatissimi (anche poco lucidi) con la finalità, nemmeno tanto velata, di colpire la Premier.

L’analogia tra gioventù hitleriana e meloniana è la prova che si può trattare ormai a casaccio il tema fascismo, nazismo, col solo obiettivo di far fuori il competitor. Peraltro, ciò, alla vigilia di un summit per la pace in Ucraina e la presidenza italiana del G7, approfittando della vetrina internazionale sull’Italia per farsi pubblicità, gettando un po’ di fango.

Si è addirittura aspettato un anno, per l’uscita di questa inchiesta, e magari si era indecisi se farlo poco prima delle Europee, ma sicuramente la chat di Signorelli e Diabolik, uscita alla vigilia di queste, ha tolto dall’imbarazzo. Si può notare il sottile richiamo a questo evento dalla presentazione dell’inchiesta in cui, ad esempio, è stato dato peso all’ episodio di un mero incontro con Mambro e Fioravanti (considerati innocenti per la strage di Bologna dai radicali e da molti opinionisti di diverse estrazioni).

Con ciò, non è tutta banalità di un male più rappresentato che reale: l’anticipazione di un pizzo sotto forma di offerta, per chi svolgerà il servizio civile a casa Italia, sfuggito dalla bocca della responsabile, anche se con un’aria da così fan tutti, certifica un parassitismo che fa certamente poco patriottico.

Armando Mantuano

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