Nel febbraio 2020 fu sequestrato un tesserino simile a quelli in uso alle forze di Polizia ad un membro di un’associazione di volontariato. Cominciò così un’indagine condotta dalla Polizia Locale di Magione e da Personale di vigilanza ed ispezione dei Servizio Igiene Urbana e Randagismo dell’Azienda Usl Umbria 1 che è ora arrivata a conclusione.
Dal comunicato stampa del procuratore di Perugia Raffaele Cantone si apprende cha a 17 persone facenti capo ad un’associazione di volontariato con sede principale a Monte Santa Maria Tiberina e due sedi operative a Panicale e Passignano sul Trasimeno è stata notificata la comunicazione di fine indagine per reati di usurpazione di funzioni, falsità ideologica, truffa aggravata e minacce.
L’associazione, con qualifiche mai conseguite, era riconosciuta a livello regionale anche con incarichi di protezione civile, servizi ambientali, di assistenza alla popolazione e ausiliari del traffico. «I membri dell’associazione − si legge nel comunicato − erano qualificati come «guardie particolari zoofile» e appartenenti di una fantomatica «sezione speciale di polizia giudiziaria», usurpando in tal modo le funzioni di polizia giudiziaria».
Posti di controllo lungo le strade
I falsi agenti erano soliti eseguire posti di controllo lungo le strade provinciali utilizzando mezzi con lampeggiatore blu e palette con loghi ministeriali, indossando giubbetti antiproiettile.
Redigevano inoltre verbali, letture di microchip e davano prescrizioni in materia sanitaria sulla detenzione degli animali.
La struttura interna imitava quelle delle forze di Polizia con gli appartenenti che indossavano gradi militari e, nel corso dei «servizi», utilizzavano uniformi identiche a quelle in uso alle forze dell’ordine e si muovevano con auto di servizio munite di lampeggianti e sirene.
Erano anche riusciti a stipulare diverse convenzioni con vari comuni per attività di pubblica sicurezza.
Con l’avviso di conclusione indagini gli inquisiti potranno ora presentare documenti a sostegno delle proprie tesi difensive e chiedere di essere interrogati prima dell’inevitabile rinvio a giudizio.
Ernesta Cambiotti