Con l’arrivo della primavera i cinghiali con le loro cucciolate hanno ripreso a percorrere le strade della Capitale per cercare cibo nei mucchi di spazzatura accumulati intorno ai cassonetti.
Ci sono stati alcuni incidenti con dei cani e c’è sempre un rischio di investimenti stradali. È una situazione incompatibile con la vita cittadina che dovrebbe essere risolta con un’efficiente raccolta dei rifiuti e una gestione, oggi praticamente assente, del Parco dell’Insugherata.
Comune e Regione, probabilmente in cerca di una scorciatoia, hanno invece lanciato l’allarme per il pericolo di diffusione della Peste Suina Africana (Psa).
La «scorciatoia» dell’abbattimento
Si è deciso così di procedere all’abbattimento indiscriminato di queste creature innocenti. Uccidere, sembra sempre la soluzione migliore, così abbiamo «divertimento e ciccia».
Così, il rinvenimento di una carcassa di cinghiale infetta da peste suina è alla base dell’Ordinanza 3/22 del commissario straordinario alla Psa, emanata il 17 maggio che prevede, tra l’altro, l’intervento delle associazioni venatorie nelle operazioni di «bonifica».
Uccidere, non è giusto, né civile e, in questo caso, le modalità previste sembrerebbero in contrasto con le misure sanitarie stringenti da adottare in presenza di Psa.
Invece di prendere atto del fallimento della gestione di questa specie, si decide così e basta!
Intanto è prioritario tenere pulita la città di Roma perché togliere sporcizia e immondizia, vuol dire togliere il cibo che queste creature vanno elemosinando.
Poi, vanno date le giuste informazioni. È troppo semplice usare lo spauracchio del virus di turno: la peste suina africana.
l rischio di facilitare la diffusione della Psa
Con l’ordinanza del Commissario Straordinario alla peste suina africana, si dispone che entro trenta giorni il Prefetto di Roma, in collaborazione con la Regione Lazio e Roma Capitale, fornisca le procedure per dare avvio alla cattura e uccisione dei cinghiali sia nella zona infetta all’interno del Grande Raccordo Anulare, sia nella zona confinante, un’area immensa, profonda fino a dodici chilometri che circonda tutta Roma nella parte a ovest del Tevere.
Dimenticando che il virus, se presente, si propaga con il semplice contatto. Virus che sopravvive in natura e nelle carni, addirittura congelate.
Per questo viene vietata qualunque attività economica ludica e venatoria e tutto quello che viene prelevato, da personale qualificato, deve essere distrutto.
Meglio sterilizzare che uccidere
Uccidere sembrerebbe più semplice che sterilizzare. Da marzo è invece disponibile il GonaCon, immunocontraccettivo, efficace per sei mesi, utilizzato con successo negli Usa.
Uccidere, non risolve né il problema della peste suina, né riduce il numero dei cinghiali. Anzi, uccidere, destruttura i branchi e fa aumentare l’estro delle femmine.
Ma è inutile ripeterlo, anche con l’ausilio della scienza. Politica e caccia vanno ancora a «braccetto». Forse, un giorno, appurate le responsabilità, qualcuno pagherà il conto?
Intanto, l’avv. Giada Bernardi, nota per le sue battaglie legali in ambito animalista, ha avuto mandato da alcune associazioni di presentare ricorso al Tribunale amministrativo regionale.
Ernesta Cambiotti
CINGHIALI ROMANI
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