ADDIO A LETIZIA BATTAGLIA

«Non la mafia ma le donne sono i miei soggetti preferiti»

La morte della grande fotografa siciliana Letizia Battaglia

 

È morta il 13 aprile a Palermo all’età di 87 anni  la storica fotografa Letizia Battaglia, testimone e narratrice della lotta alla mafia con i suoi celebri scatti. La cerimonia funebre laica si è svolta venerdì nella sede del Comune a Palazzo delle Aquile.

La ragazza con il pallone, uno degli scatti più famosi di Letizia BattagliaCon la sua scomparsa la mia città, così come tutto il mondo – ha scritto il segretario regionale dell’Ugl Creativi Filippo Virzì −, perde un pezzo di se stessa, una fotoreporter unica».

Letizia Battaglia, nata a Palermo nel 1935, vanta una serie di primati in un campo prettamente maschile. È stata la Prima donna europea a ricevere il premio «W. Eugene Smith» per la fotografia sociale nel 1985, dopo un lungo apprendistato iniziato al giornale L’Ora di Palermo.

«Sono a Palermo. E Palermo ho raccontato e racconto − diceva Letizia − a Palermo c’era la mafia, c’erano le vittime della mafia. E io ho fotografato anche quelle. Tante. Troppe da sopportare».

Per prima ci ha mostrato con i suoi scatti che la mafia esiste ed è visibile.

E sempre per prima come fotoreporter giunse sul luogo dell’assassinio del presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella il 6 gennaio 1980. Il suo scatto con impresso il corpo esanime di Piersanti mentre il fratello Sergio Mattarella cerca di estrarlo dalla sua auto entrò nella storia.

Nei suoi scatti le donne e il loro dolore

Nello stesso anno un altro suo scatto, quello della «bambina con il pallone» nel quartiere palermitano della Cala, fa il giro del mondo. Diviene una fotografa di fama internazionale.

«Facevo ciò che potevo per scuotere le coscienze – ha spiegato Letizia Battaglia − mostrando non solo i morti ammazzati, ma anche la miseria causata dalla mafia. Però non voglio più essere definita ‘la fotografa della mafia’, i miei soggetti preferiti restano le donne».

Come quelle incontrate nei quartieri ai margini di Palermo, quelle dei rioni più poveri. Erano loro gli esseri più fragili e maggiormente colpiti da quella miseria indotta dalla mafia e, come tali, vittime designate.

Donne e bambine, i loro visi, i loro sguardi e, soprattutto, il loro dolore, il troppo dolore che rimane impresso nella crudezza del bianco e nero dei suoi scatti in una Sicilia da sempre mafiosa e troppo spesso maschilista.

Donne e bambine a cui è stata negata la felicità, il gioco e, persino, a volte, il sorriso.

«Ecco perché le bimbe che ritraggo non ridono mai: le voglio serie nei confronti del mondo, come lo sono stata io».

Alla fine della guerra, Letizia tornò con la sua famiglia a Palermo da Trieste, dove avevano vissuto. Era una bambina felice e libera. Ma a Palermo la sua vita cambiò. Non poteva più giocare in bicicletta come aveva sempre fatto lí le strade erano troppo pericolose per una bambina.

In seguito la sua vita è stata un autentico modello di emancipazione femminile: è stata una donna che ha raggiunto il primato facendo qualcosa fatto sempre dagli uomini in ambiente prettamente mafioso che di spazio alle donne non ne dava.

Uno dei visi di donne ritratte da Letizia Battaglia

Nei occhi sognanti delle bambine cerco me stessa

«Ho questa lunga vita dietro. Ho sognato, ho creduto di combattere per la causa giusta. La mafia è ancora qua» ha riconosciuto con rammarico negli ultimi tempi. «Non so su che cosa dovrei sperare, però non sono credente. Credo nell’archivio di quello che ho raccontato. E anche quest’altro punto interrogativo: che cosa succederà di tutto questo archivio, di tutto questo impegno, che cosa ne sarà quando non ci sarò più?».

Adesso che non ci sei più le tue fotografie non saranno più tue, ma nostre, saranno patrimonio dell’umanità, per sempre, ecco cosa succederà.

Come quei visi di bambine che impresse nei tuoi scatti non invecchieranno mai come i loro sogni.

«Nei visi delle bambine cerco me stessa, ritrovo chi ero io a dieci anni, con i miei sogni, il mio futuro che volevo a tutti i costi meraviglioso, con la mia voglia di essere amata e di amare».

Angela Alizzi

 

 

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