LA TRAGEDIA DI CUTRO

Il blocco degli scafisti
è il primo passo

Naufragio di Cutro: il primo passo è fermare gli scafisti

 

Dopo il tragico naufragio di Cutro anche Papa Francesco dice che vanno fermati gli scafisti, questi «trafficanti di esseri umani», e nessuno si sogna di dissentire. Neanche all’interno del vasto e fervoroso fronte dei buonisti in servizio permanente effettivo: quelli che hanno ribattezzato migranti gli immigrati clandestini e che, perciò, ne vorrebbero consentire sempre e comunque l’arrivo.

72 morti è il tragico bilancio del naufragio di CutroPrima l’arrivo, poi la legalizzazione. Prima il salvataggio in mare, perché avevano fatto naufragio o rischiavano di farlo, e poi il percorso, o lo scivolo, che conduce al traguardo finale: l’ottenimento dello status di rifugiati e il diritto di asilo.

Una condizione che trasforma in beneficio permanente e pressoché indiscriminato quel soccorso che all’origine era dovuto, almeno ufficialmente, a cause eccezionali.

Di fronte alle parole del Papa, quindi, non si dissente. Ma di fatto le si ignora. Continuando imperterriti a compiacersi delle proprie motivazioni «morali» e tralasciando, invece, le analisi degne di tal nome. Che incominciano, naturalmente, con il riflettere sulle conseguenze che deriverebbero da ciò che ci si augura.

Viaggi della speranza, non della morte

Rimaniamo sull’appello di Francesco, allora: ammettendo che davvero si riescano a fermare gli scafisti, chi le organizzerà le traversate collettive via mare?

Si suppone che a farlo saranno gli stessi aspiranti fuggiaschi, trovando chissà come le imbarcazioni necessarie e improvvisandosi marinai, o ci si immagina di andarli a prendere direttamente a domicilio, benché si affermi da sempre che i governi locali osteggiano le partenze e non sono disposti a collaborare?

«I viaggi della speranza – auspica il Papa – non si trasformino mai più in viaggi della morte, le limpide acque del Mediterraneo non siano più insanguinate da tali drammatici incidenti». Bene. Ma come, all’atto pratico?

Umanitario: l’aggettivo «lavatutto»

Per il Papa è facile e anche logico, ridurre il fenomeno dell’immigrazione clandestina a una questione di solidarietà umana.

La sua dimensione è quella religiosa, anziché quella politica. Il suo credo è la fratellanza universale, che per definizione non ha confini e non distingue tra etnie e nazioni. Nel medesimo appello contro gli scafisti, pronunciato durante l’Angelus di domenica scorsa, non ha mancato di sollecitare «l’accoglienza verso questi nostri fratelli e sorelle».

Ma il suo, sul piano politico, è un lusso. Che non si può permettere chi ha il compito di governare: ossia gestire gli interessi – materiali e non solo – di specifici Stati e specifiche popolazioni.

Lo spazio «limitato» della solidarietà

In quest’ambito, che ha tutt’altri presupposti e che è obbligato, letteralmente, a fare i conti con le risorse effettivamente disponibili, lo spazio per la solidarietà è limitato per definizione. Tanto è vero che lo è non soltanto nei confronti degli stranieri ma anche dei propri stessi cittadini.

Basti pensare, qui in Italia, alle pensioni: il cardine, nel determinarne le tempistiche e gli importi, non è ciò che sarebbe preferibile in linea di principio, ma ciò che è reso possibile dalle condizioni generali del sistema previdenziale. Vedi il passaggio dal regime retributivo a quello contributivo. Vedi l’ammontare, così modesto da risultare inadeguato, dei trattamenti minimi e di tutti gli altri che rimangono, comunque, ben lontani dai mille euro mensili.

In campo politico, dunque, gli aspetti etici sono fatalmente subordinati ai fattori economici. E se questo è vero in generale, negli ultimi decenni se ne è fatto un dogma, ribadito di continuo dalle linee guida adottate via via dall’Unione Europea.

L’affermazione di principio è divenuta un limite tassativo. Anzi, una rete di limiti tassativi. Dal Trattato di Maastricht, dell’ormai lontano 1992, al ruolo della Bce, che ha cancellato la sovranità monetaria dei singoli Stati e che vigila a modo suo sull’inflazione complessiva. E sono solo due esempi, benché macroscopici, tra innumerevoli altri.

Ma è proprio qui che emerge, e che dovrebbe esplodere, la contraddizione dei sedicenti progressisti. Incarnati nel Partito Democratico e non solo.

Vincoli e paletti della Ue

Mentre quei vincoli e quei paletti sono stati puntualmente avallati, e non di rado con accenti perentori e atteggiamenti servili, in tema di immigrazione si fa finta che non esistano. Al punto che chiunque si opponga agli arrivi a getto continuo, invocando misure più stringenti e selettive, viene fatto passare per un individuo spietato e senza cuore. Disumano, appunto. Disumano, addirittura.

Se il richiamo al realismo viene dalle Lagarde e le Von der Leyen di turno, «ce lo chiede l’Europa». Se il Papa punta il dito contro gli scafisti, è un’indignazione sacrosanta.

Se invece sono le Destre, a predicare la necessità di porre un freno all’immigrazione illegale, apriti cielo: non può essere altro che il loro cinismo xenofobo, a farle parlare così.

Gerardo Valentini

 

 

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