SALVATORE VASSALLO, RINALDO VIGNATI

Alla scoperta
dei Fratelli di Giorgia

Alla scoperta dei Fratelli di Giorgia, la generazione Atreju

 

Oltre gli slogan e la propaganda con i quali si tenta di gettare discredito su Giorgia Meloni e su Fratelli d’Italia esistono anche ricerche serie e approfondite che colgono le novità essenziali dei «fratelli di Giorgia». Si chiama proprio così, Fratelli di Giorgia, il libro appena edito dal Mulino scritto dal direttore dell’Istituto Cattaneo Salvatore Vassallo e da Rinaldo Vignati.

Uno studio che esplora per grandi linee la storia del Msi e di An (i primi due partiti della Fiamma) per concentrarsi poi sul terzo partito della Fiamma che è appunto Fdi. E ne esamina le prospettive politiche a partire dal pantheon ideologico di riferimento.

Fratelli di Giorgia o la generazione Atreju

La premier e leader di Fdi Giorgia Meloni«La nostra tesi – premettono i due autori – è che quello costruito dalla cosiddetta generazione Atreju sia a tutti gli effetti il terzo partito della Fiamma e che esso rappresenti la prima compiuta realizzazione, dentro la dinamica bipolare del progetto tentato più volte senza successo nella storia precedente della destra italiana, di dare vita a un partito nazional-conservatore, inserito a pieno titolo nel sistema democratico, capace di rappresentare un elettorato molto più ampio rispetto alla comunità degli sconfitti e ai custodi della nostalgia che avevano fondato il Msi». Una tesi, si chiarisce subito in premessa, che rende inconsistente l’evocazione polemica dei legami col fascismo.

Un’identità nazional-conservatrice

Il libro sottolinea piuttosto quale sia l’obiettivo dei «fratelli di Giorgia»: costruire un’identità nazional-conservatrice. Un progetto che differenzia Fdi sia dal Msi sia da An.

Nel partito di Almirante infatti il termine «conservatore» non era ben visto e non compare nelle Tesi di Fiuggi del 1995. Ha più legami con la storia della destra invece il termine «Nazione» che il partito di Meloni privilegia al posto del termine «Paese» e del termine «Stato».

«Nasciamo immersi in un orizzonte, siamo figli di una storia data. Volerla negare significa avviare un processo di disgregazione…», così recitano le Tesi di Trieste del 2017.

È la «deriva mondialista» che addita l’identità come come un male da combattere: e dinanzi a questo pericolo va raccolta una sfida che è politica ma soprattutto culturale. All’interno della quale la religione cristiana diventa parte essenziale delle tradizioni da preservare per gli italiani e gli europei.

Dentro questi codici culturali si rintracciano anche le istanze europeiste e la critica all’ideologia gender. Presupposti che restano anche quando FdI diviene destra di governo, pur se i toni si fanno più sfumati.

Partito old style e leader pop

Infine, qual è stata la formula vincente che ha condotto Fdi a diventare, stando ai sondaggi un partito capace di superare il 30%? Il fatto di essere – annotano gli autori – un partito old style ma con una leader pop.

«La sua struttura interna è rigorosamente gerarchica ma Meloni e il suo staff hanno dimostrato una notevole capacità di creare e interpretare registri comunicativi diversi riuscendo ad affermarsi nell’attuale sistema mediale ibrido, in cui convivono le logiche dei mass media tradizionali e le logiche dei media digitali, dei broadcast e dei social».

Da questo punto di vista Meloni è sicuramente erede di Berlusconi, Grillo e Salvini in quanto interpreti di una politica pop, ma lei ha saputo dare una cifra personale dosando gli aspetti biografici, presentandosi come una underdog, e quelli di una polarizzazione ideologica più strutturata rispetto a una semplicistica gestione della logica amico-nemico.

Anche questi aspetti rendono Fdi e la sua leader un interessante oggetto di studio e di analisi, oltre gli stereotipi propagandistici degli avversari e degli «eskimi in redazione».

Vittoria Belmonte

 

 

 

Salvatore Vassallo, Rinaldo Vignati
Fratelli di Giorgia
Il Mulino, pp.296

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