MORTI BIANCHE

Un triste primato
del nostro Paese

 

La settimana appena trascorsa ha visto numerosi incidenti mortali sul posto di lavoro, un primato non certo invidiabile per l’Italia che, fra i paesi industrializzati, è quello col maggior numero di decessi per cause lavorative.

Spendiamo innumerevoli riunioni e fiumi di inchiostro sul «problema» dei due centesimi per le buste della frutta o sulle canne fatte in discutibili programmi televisivi come l’Isola dei Famosi, ma poca attenzione, ad eccezione delle continue e inascoltate denunce sindacali, si mostra sul fatto che ogni anno centinaia di persone escono dalla propria abitazione al mattino per recarsi al lavoro e, alla sera, non vi fanno più ritorno. Una media di 300 morti l’anno. Nell’anno in corso, con i due operai morti il 3 aprile nell’azienda di Treviglio, sono già 151 lavoratori che hanno perso la vita sui luoghi di lavoro.

Ora basta, è una vergona, bisogna subito aprire un confronto costruttivo fra le forze politiche, quelle sociali, l’Inail e tutti gli altri organismi che, a vario titolo, sono coinvolti su questo dramma che riguarda famiglie, lavoratori e aziende.

Nei contratti vanno inserite delle chiare norme che tutelino effettivamente la salute e la vita dei lavoratori e, contestualmente, uno Stato responsabile verso i suoi cittadini, deve mettere a disposizione adeguate risorse per garantire la sicurezza e per formare gli operai e gli stessi imprenditori sulla migliore qualità del lavoro, nell’interesse della nostra comunità nazionale.

Inoltre queste ennesime, recenti vittime del lavoro devono meritare il pur tardivo rispetto da parte di chi, per ruolo o compito istituzionale, deve provvedere, seriamente, a rendere il lavoro più sicuro ed anche un Paese veramente moderno, nei fatti e non nelle chiacchiere.

Facciamo sì che chi esce da casa per andare a lavorare possa farvi ritorno, da vivo. Non penso si chieda troppo.

Fabio Verelli

Lascia un commento