TERZO SETTORE
Con i tagli meno
servizi sociali erogati

Il Terzo settore si trova da qualche anno a confrontarsi con l’emergere di una complessità sociale inedita, cui deve offrire risposte innovative ed efficaci, in una logica che dovrebbe integrare pubblico, privato e privato sociale. Alla cooperativa è chiesto di rispondere a bisogni emergenti e nuovi con capacità scientifiche, operative, ma anche manageriali e strategiche, spesso assumendo un ruolo completamente nuovo e da registi, in un sistema sociale e culturale frammentato e fragile. Il crescente protagonismo risponde all’inadeguatezza degli strumenti tradizionali, alla necessità di rigenerare le risorse valorizzando le energie positive della società e rafforzando i legami. La spending review, la crisi economica e le trasformazioni sociali e culturali degli ultimi anni ci impongono un ripensamento non solo dei servizi, ma anche di un sistema di welfare a partire dalle persone fino alla società civile.

Potenziare le integrazioni nell’ambito di una più efficace collaborazione tra i diversi sistemi di welfare (sociale, sanitario, sociosanitario), rigenerando risorse e relazioni in un’ottica che parta dai territori e dai legami è certamente una priorità. In tal senso interventi precoci di aiuto alle famiglie nella loro dimensione generativa si coniugano con quelli deputati alla riparazione, ma anche con progetti educativi e culturali rivolti a prevenire e sostenere il disagio, a responsabilizzare attori definiti «non convenzionali» proprio perché considerati spesso per i bisogni espressi e non per le potenzialità che esprimono e che potrebbero essere valorizzate. È necessario un cambiamento, una trasformazione che parta dalla sperimentazione attiva e concreta di un nuovo sistema di welfare che contamini culture e territori, che diffonda un senso di comunità promuovendo integrazione ed inclusione, che faciliti la messa in gioco di capacità e potenzialità di cittadini e cittadine per poter rigenerare legami e valori, responsabilizzare, coinvolgere e creare valore, affermando un passaggio culturale   anche per gli attori preposti al governo, dalla logica della spesa a quella dell’investimento. In questo contesto evolutivo, la dimensione economica degli operatori, la capacità di integrare competenze, di rendere snelle e massimamente efficienti tutte le strutture di supporto che possono essere rese trasversali, spinge inevitabilmente a processi di integrazione anche societaria, salvaguardando marchi, identità e storia di ciascun operatore.

Non si può coniugare spending review, efficienza, occupazione, regolarità contributiva, fiscale ed equilibrio di bilancio delle cooperative. I gravi effetti della «revisione della spesa» in ambito sociale e sanitario, sono stati un taglio che ha colpito e colpirà sempre i servizi, portando conseguenze molto pesanti agli utenti con gravi fragilità. Inoltre, il taglio ha portato e porterà gravi problemi anche a chi gestisce questi servizi, in particolare alle cooperative sociali anche della mia Provincia, Regione e non solo. Un intervento inopportuno che scarica sugli utenti e sui lavoratori delle cooperative le colpe di una cattiva gestione politica nazionale e locale. Tagliare risorse, in questo caso significa abbassare la qualità dei servizi al punto di non garantire il minimo previsto dalle normative nazionali regionali e dalla carta costituzionale (in tema di dignità sociale), che peraltro espressamente richiede ed impone. Già il sistema introdotto con l’accreditamento sociale e sanitario prevede prestazioni al limite per l’erogazione dei servizi, soprattutto tenendo conto delle fragilità di anziani non autosufficienti, utenti psichici e disabili gravi e gravissimi, che sono ospiti nelle strutture residenziali o diurne.

La scelta del Terzo settore, e delle cooperative sociali in primis, è stato obbligatoriamente, e non per loro volontà, quella di ridurre l’orario delle prestazioni da fornire agli assistiti, con una ricaduta negativa non solo sui livelli occupazionali e quindi direttamente sui lavoratori, ma anche e soprattutto sull’utenza fatta di persone con gravi fragilità. Naturalmente ha influito ed influisce anche sugli introiti per lo Stato soprattutto per tutte quelle cooperative che gestite correttamente dagli amministratori, pagavano regolarmente contributi previdenziali assistenziale e le imposte ed i tributi. Cosa oggi divenuta impossibile e attestata dalle centinaia di cooperative, soprattutto sociali, messe negli ultimi anni in liquidazione ammnistrativa coatta dal Ministero per lo Sviluppo economico, con grave danno per la intera collettività.

Cesare Carini

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