PREVIDENZA INTEGRATIVA

Perché non decollano
i fondi pensione

 

Difficilmente i giovani, dai venti ai trent’anni, avranno una dignitosa copertura pensionistica da parte dell’Inps all’uscita dall’attività lavorativa. Di certo, potranno andare in pensione a sessantasette anni e più, con una penalizzante rendita mensile calcolata col solo metodo contributivo e corrispondente a circa il 60% della loro ultima retribuzione.

In definitiva, uno scenario prospettico non proprio esaltante e che necessita di immediate risposte a tutela dei futuri pensionati. Diventa, quindi, prioritaria la costituzione, per tempo, di una adeguata pensione integrativa capace, al momento del pensionamento, di colmare il gap del ridotto importo della pensione che, così come sarà strutturato, potrebbe non garantire una dignitosa esistenza nella delicata fase della terza età. Proprio questo argomento dovrebbe diventare materia di confronto nei vari rinnovi contrattuali, più importante del mero aumento retributivo, tanto che già alcuni tipi di contratti nazionali e integrativi prevedono dei fondi integrativi pensione derivanti da specifici accordi ed alimentati dalle aziende e dagli stessi lavoratori.

Certo, se in Italia, come succede all’estero, i fondi fossero esenti da tasse o, almeno, con una tassazione ridotta e non del 20% come quella applicata oggi a questa importante fonte di risparmio, questo strumento di «finanza solidale» avrebbe un impulso maggiore così come avviene in tutti i Paesi del centro-nord Europa e negli Stati Uniti.

Per adesso, in questo penalizzante contesto, i nostri fondi pensione rimangono al palo dato che meno del 30% dei lavoratori hanno riposto la loro fiducia a questo innovativo strumento previdenziale che, sia chiaro, mai potrà sostituire l’Inps anche se, da qualche anno, l’istituto pubblico sta arrancando fra mille difficoltà, soprattutto a causa dell’andamento demografico che vede una popolazione sempre più anziana ed un costante calo delle nascite, oltre ad una evasione contributiva che non pochi danni provoca al sistema della previdenza nazionale.

Forse è giunto il momento di discutere, seriamente, su come realmente investire sui rinnovi contrattuali e come indirizzare socialmente il risparmio delle famiglie italiane.

Fabio Verelli

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