SCUOLA E LAVORO

Le due facce
del problema Italia

 

La recente protesta, sacrosanta, delle maestre di scuola elementare che, con la riforma, dopo aver fatto anni di supplenze col diploma magistrale e non la laurea (perché così era previsto), rischiano di trovarsi tagliate fuori dalle prossime graduatorie, ha nuovamente messo in evidenza il problema «scuola» nel nostro Paese.

In questo caso si è evidenziato un disagio nelle scuole primarie, mentre prima delle festività natalizie quello degli studenti delle superiori; ma non è che nelle università troviamo una situazione migliore.

Il punto è che investiamo poco e male nel settore dell’istruzione pubblica, sia nella parte più propriamente didattica e dell’aggiornamento dei docenti, e sia nella parte logistica e dell’edilizia scolastica, in molti casi al limite della fatiscenza, laddove oltre la metà dei plessi e delle facoltà insistono in edifici degli anni trenta che necessiterebbero di una efficace manutenzione e messa a norma.

Se la scuola italiana non tornerà ad essere il motore culturale del Paese, il Paese stesso non potrà avere un futuro, anche nell’ambito dello sviluppo economico. Quella scuola che, al più presto, necessita di adeguarsi alle nuove esigenze del mercato del lavoro, puntando sui corsi di formazione professionale per docenti, ma anche per gli studenti che, in tal modo, sarebbero favoriti verso gli indirizzi didattici più richiesti dalle imprese.

Di pari passo col mondo della scuola, anche l’imprenditoria italiana, se lo Stato sarà in grado di investire sufficienti risorse nella pubblica istruzione, dovrà impegnarsi nella innovazione tecnologica, nella ricerca di nuovi ed affidabili prodotti e nella adeguata formazione professionale del personale. Perché la realtà è che la maggior parte delle aziende, in Italia, continua a perdere fatturato proprio a causa degli scarsi investimenti nell’innovazione, nella ricerca e nella formazione. Per tornare ad essere competitivi, pur in un mercato oramai globalizzato, le parole d’ordine, sia nell’ambito scolastico che in quello imprenditoriale, dovranno essere appunto innovazione-ricerca-formazione. Su questo aspetto bisogna politicamente ragionare, altrimenti il sistema Italia è destinato al fallimento, e si continuerà ad assistere all’indecente fuga di giovani cervelli all’estero dove, invece, trovano possibilità concrete per il loro futuro.

Ed è questo il punto che dovrebbe essere presente nel programma politico-elettorale dei vari schieramenti che, purtroppo, attualmente paiono più orientati a ribadire vane ed improbabili proposte di solo impatto propagandistico e mediatico.

Un appello per questa campagna elettorale, almeno stavolta, cari politici, evitiamo l’assurda (vista la situazione in cui ci troviamo) gara a chi la spara più grossa, anche perché il popolo si stà veramente stancando di tutti voi.

Fabio Verelli

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