LO SCONTRO IN TELECOM

L’annuncio di Cdp
fa balzare il titolo

 

Il ministro del Tesoro di un governo già morto, ha deciso un intervento a «supporto delle infrastrutture strategiche nazionali» (testuale) per far capire agli investitori esteri che l’Italia non molla del tutto in Telecom spa.

Bene, direte, finalmente lo spirito di Ettore Fieramosca potrà prendersi qualche rivincita sugli occupanti francesi, in senso finanziario. Negli ultimi dieci anni, infatti, 124 aziende di livello nazionale sono finite oltralpe, per un investimento complessivo di oltre 32 miliardi di euro. Basta, direte poi. E’ ora di finirla con i regali allo straniero: riprendiamoci il nostro.

Ma non è così, purtroppo. A parte quel risicato 5% di azioni Telecom rastrellate sul mercato da Cassa Depositi e Prestiti, ben poca cosa di fronte al faraonico 57,95% detenuto dalla francese Vivandi, come dire che andiamo con la cerbottana a combattere i carri armati, proprio non si capisce quale maledetta malattia di fondo colpisce da 20 anni l’azienda che era un vero fiore all’occhiello dell’economia italiana di altri tempi.

Non mi riferisco ai «botti» tronchettiani del 2013, quando l’indebitamento del colosso italiano delle comunicazioni era «appena» 18,1 mld di euro, mentre oggi è salito a 31.1 mld. Non voglio dire che la famosa Opa ostile (oggi è studiata perfino all’Università) consentì al gruppo Olivetti di cancellare, tra l’altro, quel 13% di partecipazione Telecom che era già in mano a investitori istituzionali italiani, che ora cerchiamo velleitariamente di andarci a riprendere per meno della metà.

Intendo dire che le modalità con cui l’accoppiata Gentiloni/Padoan decide ancora di destinare risorse finanziarie di interesse pubblico (i soldi è vero non sono dei contribuenti, ma come spenderli ci riguarda eccome) in operazioni praticamente inutili che non spostano una virgola del dominio azionario francese sulla rete italiana sia in termini di autonomia gestionale complessiva, sia in quelli di un eventuale vendita futura a partner asiatici, per esempio, con spirito poco europeo, si dirà, ma assai conveniente.

Eppoi, scusate, non siamo forse il Paese dove i controllori non controllano (parola di Casini, prima delle elezioni)? Dov’è la Consob e quella Banca d’Italia che pure aveva, tanti anni fa, il 6% di Telecom?

Ma come, dicono i maligni, prima si annunciano le intenzioni e poi si va sul mercato? Ma che razza di strateghi di borsa sopravvivono al potere? Il risultato era scontato e il titolo Telecom galoppa verso i livelli di giugno 2017 e fortunati i possessori che in mese portano a casa più del 10%, tanto c’è la Cassa che compra no?

Sullo sfondo, come in tutte le scene di vecchie carrette del mare che rischiano di affondare ad ogni maroso, ci sono i naufraghi. Esattamente 7500: i dipendenti in esubero che presto perderanno il lavoro.

Alfredo Moretti

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