IRENE VALLEJO

L’arco di Enea
riposa muto

Irene Vallejo, Il mio arco riposa muto, Bompiani. Nella foto: un ritratto di Publio Virgilio Marrone

 

Per l’editore Bompiani è in libreria il romanzo storico Il mio arco riposa muto, della spagnola Irene Vallejo Moreu, filologa, storica e appassionata divulgatrice di autori classici.

La scrittrice spagnola Irene Vallejo autrice de «Il mio arco riposa muto», edito da BompianiIl libro si inserisce nel filone della rivisitazione dei capolavori dell’antichità, spesso con un occhio alle nuove sensibilità contemporanee inesistenti all’epoca, a volte stravolgendo alcuni personaggi. L’autrice, invece, riesce felicemente ad uscire da questa «trappola», rimanendo fedele alla storia, esaltandone alcune caratteristiche senza deformarle in maniera irreparabile.

Le vicende sono quelle narrate nel libro IV dell’Eneide, dal naufragio a Cartagine di Enea e delle sue navi in fuga da Troia sconfitta, all’amore con la regina Elissa, detta Didone (che significa «la fuggitiva» nella lingua delle popolazioni del luogo), fino alla partenza verso l’Italia al fine di realizzare la profezia di costruire la nuova città che sarà la culla di un Impero dominatore del mondo.

Il gioco di specchi fra Enea e Virgilio

L'incontro tra Didone ed Enea di ser Nathaniel Dance-Holland, 1765La narrazione è polifonica, nel senso che tutti i personaggi hanno il diritto di parola ed attraverso di loro riviviamo gli avvenimenti da diversi punti di vista.

In un felice gioco di specchi che li fa alternare, la Vallejo ci descrive l’eroe troiano Enea ed il poeta Virgilio come due uomini dolenti, nauseati dalla guerra e dalla violenza, sconfitti in cerca di una strada di pace.

Enea, sopravvissuto all’incendio di Troia che gli ha portato via il suo mondo, i suoi affetti più cari tranne il figlioletto Iulo, tormentato da un segreto inconfessabile, da un senso di fallimento e quasi da una sindrome post-traumatica da stress (per dirla con una terminologia medica moderna), approda sulle rive di Cartagine ed incontra la regina Elissa.

Contemporaneamente, con un salto nel tempo e nello spazio, Publio Virgilio Marone, dall’animo poeticamente bucolico, percorre angustiato i vicoli puteolenti di una Roma lontana dai fasti della città pacificata da Ottaviano Augusto.

Anche lui è tormentato dal senso di fallimento di non riuscire a scrivere il poema per il quale l’Imperatore lo ha ingaggiato, nonché è inseguito da un misterioso vecchio barbuto che si limita a spiarlo da lontano.

Il poeta è infastidito soprattutto dal sistema dei clientes vigente nella capitale dell’Impero, a cui non si abitua e di cui è vittima: chiese lui stesso ad Augusto di impedire che i suoi genitori venissero espropriati delle loro terre ad Andes, un piccolo villaggio nei pressi di Mantova, ed in cambio deve produrre i versi che esalteranno la gens Iulia (discendente di Iulo) e il loro governo su Roma. La descrizione della caput mundi plebea è accurata, realistica e piuttosto felice.

La sconfitta trasformata in vittoria

Il congedo tra Enea e Didone di Guido Reni, 1630 circaEntrambi, l’eroe ed il poeta, troveranno alla fine la loro strada, trasformando la sconfitta in vittoria, Enea veleggiando verso l’Italia per realizzare la profezia, Virgilio scrivendo l’opera che ancora oggi leggiamo ed ammiriamo.

A fianco dei due uomini svetta la figura di Elissa, una regina che sa amministrare il potere meglio dei guerrieri ottusi e violenti che la circondano, donna lungimirante e saggia che, dopo la fuga da Tiro perseguitata dal fratello, fonda e governa una città florida.

Le sue riflessioni ardenti, i suoi sentimenti verso l’eroe troiano, il suo desiderio di maternità, l’orribile fine che decide di infliggersi, la rendono un personaggio a tutto tondo che è difficile dimenticare.

Ne racconto di Irene Vallejo si alternano anche la sorellastra di Elissa, Anna, un’adolescente deturpata da una voglia scura in viso, sacerdotessa e oracolo, il cui vaticinio, interpretato erroneamente da Enea, lo induce alla fuga da Cartagine verso l’Italia, e Eros, il dio dell’amore. In effetti la sua è l’unica presenza divina in una narrazione che ne è piuttosto sprovvista, se la raffrontiamo con l’Eneide.

Non appaiono né Giove, né Giunone, né Mercurio, (Venere è solo citata come madre di Enea), ma solo questa deità che nei capitoli in cui ha voce filosofeggia sull’amore, sull’umano, sul divino, e che sarà un altro sconfitto, perché, nonostante le astute manovre e le abili trame intorno ai due innamorati, assisterà impotente alla fine del loro amore.

Il mio arco riposa muto è una lettura godibile e consigliata a tutti, sia agli adulti che ai ragazzi, come occasione per apprezzare nuovamente un capolavoro radicato nel nostro patrimonio culturale.

Susanna Ribeca

 

 

 

 

Irene Vallejo
Il mio arco riposa muto
Bompiani, pp. 224

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