LA SCOPERTA SCIENTIFICA

Svelato il segreto
dei pomodori viola

 

I pomodori in origine erano viola come le melanzane. Il colore rosso che siamo abituati a vedere e che ci aiuta a riconoscere il frutto maturo è stato causato da una modificazione genetica spontanea. Questo è l’interessante risultato, al quale sono giunte due distinte ricerche scientifiche, condotte contemporaneamente in Italia nel PlantLab dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (nella foto) ed in Cina dall’Accademia Cinese delle Scienze di Pechino. Le ricerche sono state pubblicate rispettivamente sulle riviste Plant Communications e Molecular Plant.

Sono le sostanze antiossidanti dette Antocianine a dare il colore viola ai pomodori. Insomma come per l’uva, originariamente solo nera, poi autonomamente virata al giallo, le antocianine quando presenti caratterizzano il colore del frutto, esattamente come nelle more. Le due ricerche dopo aver scoperto e dimostrato la correlazione dell’antiossidante col colore violaceo, hanno ricostruito le dinamiche alla base delle mutazioni genetiche accorse. Alcuni forse ricordano alcune rare varietà di pomodori in commercio fino agli anni ’70 del secolo scorso proprio di quel bel colore viola.

Insomma saremo in grado da ora in poi di produrre pomodori viola, ma questo non è, chiaramente, solo un capriccio, anzi, tutt’altro, la presenza di antiossidanti è realmente benefica per ogni organismo combattendo l’invecchiamento cellulare e prevenendo anche l’insorgenza di tumori di varia natura.

Ottenere questo risultato «ha richiesto molti anni di lavoro, in un contesto di forte competizione con alcuni gruppi di scienziati cinesi, particolarmente attivi su questa tematica di ricerca», hanno dichiarato i ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. «La Cina – hanno aggiunto – investe oltre il 3% del Pil in ricerca, mentre l’Italia appena l’1,3%: è evidente che la competizione diventerà sempre più difficile, considerando la differente disponibilità di finanziamenti per la ricerca scientifica».

Ovviamente questo dovrebbe far capire l’importanza proprio della ricerca scientifica e le ricadute anche rapide nella vita quotidiana. Infatti secondo il Cnr il nostro Paese spende l’1,3% del Pil in ricerca e sviluppo, quanto Portogallo ed Estonia. Un dato che ci pone al dodicesimo posto tra i 28 paesi dell’Unione europea, preceduti da Repubblica Ceca e Slovenia.

Il rapporto tra spesa in ricerca e sviluppo e Pil è passato dall’1,0% del 2000 all’1,3% del 2015. La spesa per ricerca e sviluppo finanziata dal Governo è rimasta stazionaria, di poco superiore allo 0,5% del Pil, mentre gli stanziamenti del Ministero per l’Istruzione, Università e Ricerca agli enti pubblici di ricerca sono scesi dai 1.857 milioni del 2002 ai 1.483 milioni del 2015.

Insomma se non avessimo stanziamenti di aziende e gruppi privati l’Italia sarebbe di gran lunga l’ultima della classe. Questo ci dovrebbe far riflettere.

In un mondo vorticosamente in evoluzione ora più che mai la ricerca andrebbe privilegiata. Ma si sa, la classe politica è affascinata dai risultati a corto raggio ed a scadenza ravvicinata. Risultati buoni al massimo per la fine del mandato. La ricerca ha tempi lunghi ed i risultati, solitamente, passano inosservati ed ignorati.

Cercasi politici lungimiranti, che abbiano a cuore le sorti di questo sgangherato paese. No perditempo. Telefonare ore pasti. In qualche occasione qualcuno dovrebbe fa loro assaggiare il pomodoro viola, giusto come promemoria!

Lino Rialti

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