SCURATI E L'USO POLITICO DELLA STORIA

Da romanziere di successo
a guru mediatico della sinistra

Con il monologo predisposto per Rai 3, Antonio Scurati, il romanziere che vuole farsi storico, prende spunto dalla figura di Giacomo Matteotti per lanciarsi nell’ennesima tirata politica contro Giorgia Meloni, a spese dei contribuenti e senza contradditorio.

 

di Adriano Minardi Ruspi

Antonio Scurati è un narratore eccellente, uno scrittore di razza che ha dato prova da molti anni delle sue indubbie capacità letterarie. A titolo d’esempio da Una storia romantica, uno dei romanzi migliori sul Risorgimento e sulle cinque giornate di Milano a Il tempo migliore della nostra vita in cui narra la vicenda umana e tratteggia la figura di Leone Ginzburg, giovane intellettuale antifascista tra i migliori della sua epoca.

Il punto non sono, quindi, le qualità letterarie o meno di Scurati, per l’appunto indubitabili almeno a parere di chi scrive. Riguardo l’ultima chiassosa polemica che lo ha coinvolto il nodo principale sembra essere altro nonostante il tentativo di far passare la vicenda come sola ed ennesima dimostrazione della volontà censoria della Rai targata centrodestra.

La notorietà con il romanzo su M.

Renato Bertelli, Profilo continuo Testa di Mussolini (1933), Museo Mart di RoveretoAntonio Scurati arriva alla grande notorietà con la pubblicazione del primo volume di una corposa narrazione sulla vita di Mussolini, per la quale siamo in attesa dell’uscita — crediamo imminente — del quarto e ultimo volume, che gli permette di vincere meritoriamente il premio Strega ed acquisire una fama internazionale, testimoniata dalle numerose traduzioni all’estero dei volumi.

Un lavoro biografico affrontato nella chiave narrativa del romanzo storico, ancorché basato su documenti e testimonianze che rappresentano la base su cui costruire la narrazione e la interpretazione.

Non un saggio storico o una biografia strutturata di Mussolini ma una ricostruzione sulla falsariga del romanzo storico, genere nobile ed eccellente che ha consegnato alla narrativa titoli ancora adesso fondamentali e senz’altro utili alla comprensione dei fenomeni storici, ma appunto pur sempre confinati nell’ambito del romanzo, con le inevitabili licenze nella ricostruzione storica che gli autori si concedono.

Le inesattezze spacciate per licenze narrative

Proprio per questa ragione, quando il primo volume della serie uscì nel 2018, Scurati venne pesantemente attaccato sul Corriere della Sera da Ernesto Galli della Loggia che, con il piglio dello storico, ricostruì molte delle inesattezze, degli errori e delle licenze narrative contenute nel primo libro, perché appunto al di fuori del contesto storico.

La risposta dello scrittore, in quella occasione, fu il rifugiarsi nella diversità del romanzo storico rispetto al saggio e, quindi, quello che andava rispettato sul piano della ricostruzione da parte degli storici di professione, consentiva e giustificava invece determinate «licenze» o «divagazioni» proprio perché era la chiave narrativa utilizzata che le rendeva possibili ed autorizzate.

Dall’uscita del primo volume in poi, soprattutto in occasione dei successivi (tutti, peraltro, godibilissimi e di lettura veloce perché, va ricordato, Antonio Scurati è una gran penna…) visto il crescente successo dell’opera, l’autore ha cominciato a considerare sé stesso come qualcosa di più di uno scrittore di successo e si è progressivamente convinto che il maturare delle sue idee riguardo al fenomeno che raccontava lo accreditasse di un giudizio molto più vicino a quello dello storico.

Non ha perso mai occasione, giustamente, per manifestare la propria opinione allargando il tema del dibattito dalla figura di Mussolini all’attualità.

Nella sua ultima pubblicazione Fascismo e populismo: Mussolini oggi che raccoglie ed amplia il testo di un intervento dell’autore in Svizzera, la riflessione di Scurati è tutta di taglio storico politico, ovviamente del tutto legittima, anche se sembra una rimasticatura o meglio una rilettura dell’opera di Umberto Eco sul fascismo eterno, un tema che evidentemente continua ad appassionare molti scrittori.

Matteotti come pretesto per attaccare il governo

Giacomo Matteotti (1885-1924)Ma appunto, ed il tema è questo, siamo su un terreno che non è più solo storico ma più semplicemente di critica politica ed è esattamente questo il contenuto in larga parte del monologo che Scurati avrebbe dovuto recitare nel programma di Raitre.

Al netto della polemica che ne scaturita e del circo mediatico propagandistico che si è immediatamente innescato con la recita serale della conduttrice del programma (subito seguita dalla nutrita schiera di intellettuali giornalisti e politici di sinistra), il punto è questo.

L’intervento-monologo di Scurati aveva una piccolissima base di carattere storico sul delitto Matteotti e sulle stragi del 1943/44 rintracciabile in qualsiasi sussidiario scolastico o manuale di storia dei licei, perché era solo il pretesto e l’occasione dell’ennesima tirata politica contro il governo e soprattutto contro Giorgia Meloni accusata ancora una volta di non aver abiurato completamente il passato fascista. Tema sul quale lo stesso Scurati si è sempre diligentemente esercitato a partire dall’avvio del governo di centrodestra.

In assenza di qualsiasi contraddittorio

Nell’imminenza di un voto europeo viene quindi espresso un giudizio politico — sul servizio pubblico ed in assenza di qualsiasi contraddittorio — incentrato sull’eterno ritorno della polemica fascismo-antifascismo, intesa come tentativo di delegittimare il governo e gli esponenti della maggioranza.

Così come sta facendo larga parte del mondo intellettuale e politico che gravita intorno alla sinistra impegnato nella continua richiesta di abiure, sconfessioni e professioni di fede antifascista.

Dopo due anni di governo di Giorgia Meloni ancora oggi questo strumento di lotta politica viene considerato normale dalla sinistra in un paese che va ad elezioni europee tra poco più di un mese, i cui temi  sembrano interessare molto meno.

L’impressione è che Antonio Scurati ci abbia preso gusto ad assumere il ruolo di ennesimo guru del mainstream narrativo della sinistra e che consideri sé stesso come un autorevolissimo conoscitore ed interprete del periodo fascista e della figura stessa di Mussolini, nella convinzione che averne tratteggiato la figura appunto in chiave romanzesca gli conferisca l’autorevolezza di esprimere giudizi come uno storico.

Un romanziere, ma non uno storico

La statua di Indro Montanelli (1909-2001) a Milano.Ma Scurati non è e non sarà mai uno storico. È un ottimo romanziere, un ottimo narratore ed ha scritto una biografia che offre moltissimi spunti di riflessione sulla figura di Mussolini ma il suo non è un lavoro o un giudizio paragonabile a quello di uno storico.

Se la Rai avesse voluto o la stessa conduttrice avesse chiesto, nella sua zelante professione di dichiarato antifascismo, un intervento che ricordasse la figura di Matteotti dal punto di vista storico, sarebbe stato probabilmente più opportuno chiederlo a Ernesto Galli della Loggia oppure a Paolo Mieli o ad Emilio Gentile, tra l’altro il massimo storico contemporaneo del fascismo e non a caso escluso dal circo mediatico propagandistico, piuttosto che ad un romanziere ancorché di successo ma con velleità da tuttologo.

Indro Montanelli, autore di una fortunata Storia d’Italia, scritta da giornalista e senza ambiziose velleità scientifiche, venne letteralmente e per anni crocifisso con l’accusa di non essere uno storico e quindi delegittimato ad esprimere giudizi sul piano storico.

Il suo lavoro ebbe il merito di avvicinare al grande pubblico la storia italiana esattamente come probabilmente è avvenuto con l’opera di Scurati su Mussolini, già oggetto di trasposizione teatrale e presto trasferita nel format della fiction, anche in questo caso con chiari intenti divulgativi.

Ciò che non venne mai concesso o riconosciuto a Montanelli, al contrario ostracizzato e trattato come un autore di serie B, viene oggi platealmente riconosciuto a Scurati, nuova icona della comunicazione politica di sinistra.

Questa sembra essere la triste conseguenza e la logica da trarre da questa vicenda da cui mi sembra che fondamentalmente escano male tutti.

Un’occasione perduta

Ne esce male l’autore che ha approfittato di uno spazio da utilizzare per una vera e propria orazione civile, probabilmente a titolo gratuito e che sembra invece aver generato un triste mercimonio per la richiesta di un compenso (sempre che sa vera la ricostruzione operata dall’azienda), per aver scritto l’ennesimo (e del tutto inutile) proclama antigovernativo.

Ne esce malissimo la conduttrice del programma che monta una polemica ad hoc nel tentativo di creare un caso inesistente di censura per approfittare del clamore mediatico ed aumentare lo share di un programma francamente non seguitissimo dal grande pubblico (tra l’altro con risultati modesti in termini di aumento di ascolti anche in quest’ultima occasione).

Ne esce malissimo la comunicazione politico giornalistica del paese che, su un’occasione che doveva essere di ricordo e testimonianza civile, costruisce l’ennesima occasione di attacco al governo ed alla sua politica con argomenti ormai assurti ad una sconcertante monotonia.

Ma soprattutto ne esce male la ricostruzione storica perché, andrebbe detto e ripetuto fino alla noia, l’unica chiave per la comprensione di un fenomeno è lo studio affidato a storici di professione e con metodo scientifico.

Il resto, seppur apprezzabile, è esercizio letterario seppure di successo, tuttalpiù divulgazione di giornalisti con velleità più o meno inconfessate di storici dilettanti.

Adriano Minardi Ruspi

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