GIORGIO CELLA

Storia e geopolitica
della crisi ucraina

Giorgio Cella, Storia e geopolitica della crisi ucraina

 

In Italia si è cominciato a parlare di Ucraina nel 2014 dopo l’offensiva dei separatisti in Donbass e l’annessione della Crimea da parte Russia. Dopo l’invasione ordinata da Putin il 24 febbraio stiamo apprendendo anche la geografia di quella martoriata «Terra di confine». Per comprendere anche i percorsi storici che in poco più di mille anni hanno portato dalla Rus’ di Kiev alla situazione odierna, ci viene in aiuto il saggio di Giorgio Cella Storia e geopolitica della crisi ucraina.

Ucraina. Statua dei fondatori di Kiev in piazza MaidanEdito da Carocci nel settembre scorso e ora già alla prima ristampa, il libro è entrato per due settimane nella classifica dei libri più venduti. Non si tratta però di uno degli instant book dati alle stampe in seguito al clamore e all’indignazione suscitati dallo scoppio della guerra, ma uno dei pochi buoni studi sulle vicende storiche riguardanti l’Ucraina.

Con un costante rimando tra le dinamiche storiche e l’attualità geopolitica, Giorgio Cella ripercorre le varie fasi che nel corso dei secoli hanno portato alla costituzione della nazione Ucraina così come la conosciamo oggi, o meglio così come era prima che l’invasione russa in corso ne mettesse tragicamente in discussione la stessa esistenza.

La Rus’ di Kiev

Il territorio della Rus' di KievLa ricerca storica inizia analizzando la Rus’ di Kiev, il periodo medievale in cui sorse la culla degli Stati slavi orientali e il loro ingresso nell’universo religioso e culturale euroasiatico. Una parte di essa darà successivamente origine alla Moscovia, destinata a rimanere segnata da due secoli di dominazione mongola.

Prosegue con l’analisi dei rapporti con il mondo polacco, cominciati con il principato di Galizia-Volinia, confluito poi nel Regno polacco-lituano del XIV secolo, e sfociati nell’Unione di Lublino del 1569 che per molti anni determinò il predominio di Varsavia su gran parte del territorio dell’odierna Ucraina.

I cosacchi di Zaporizizzja

Carica dei CosacchiIl primo nucleo della nazione Ucraina «moderna» può essere individuato con la costituzione dell’etmanato cosacco della Zaporizizzja Sič. Baluardo contro i Tartati di Crimea, tributari dei turchi della «Sublime Porta», e in continua lotta contro i ricchi feudatari giunti da Varsavia.

Fu proprio in funzione anti polacca che nel 1654 l’etamano Bohdan Khmelnytsky con gli accordi di Perejaslav fece entrare l’Ucraina nell’orbita della Russia.

«L’episodio diplomatico del 1654 − scrive Giorgio Cella − costituì senza dubbio uno spartiacque della storia Ucraina e di quella del più ampio contesto europeo centro orientale e portò di fatto la Moscova, e non più la Polonia, a costituire il più grande Stato della regione sia in termini di estensione territoriale sia in termini di influenza politico-militare».

Perejaslav e l’inizio della schiavitù

Ucraina. La statua dell'etamano Bohdan Khmelnytsky a KievNonostante a Kiev la statua di Khmelnytsky giganteggi sul suo cavallo nella grande piazza antistante il complesso della cattedrale di Santa Sofia, per gli ucraini Perejaslav ha significato la nascita di uno stato vassallo di Mosca, ossia le basi anche delle odierne pretese di Putin.

Non a caso il poeta e patriota ucraino Taras Shevchenko lo definiva l’inizio della schiavitù del suo paese. Quelle catene che etmano Ivan Mazepa cercherà inutilmente di spezzare alleandosi con lo svedese Carlo XII nella guerra contro Mosca terminata nel 1709 con la disfatta di Poltava.

Nell’Ottocento l’Impero zarista controllerà l’80% dell’odierno territorio ucraino mentre la Galizia, la Bucovina e la Trascarpazia si troveranno all’interno dei confini dell’Impero asburgico.

La prima Repubblica Ucraina

Symon PeltiuraLa fine del Primo conflitto mondiale portò alla dissoluzione di entrambi i due Imperi. Gli ucraini ne approfittarono per dichiarare l’indipendenza del paese che si unì nella Repubblica Popolare Ucraina, sotto la guida di Symon Peltiura.

La guerra civile seguita alla presa del potere dei bolscevichi si combatte principalmente proprio in territorio ucraino. Oltre alle armate bianche filozariste e ai bolscevichi dell’armata rossa, sul terreno c’era appunto l’esercito della Repubblica Popolare Ucraina e le bande anarchiche di Nestor Machno che dal 1917 controllavano un ampio territorio dell’Ucraina sud orientale, con base nella cittadina di Guljaj Pole nell’oblast di Zaporizzja.

La mancata percezione del pericolo mortale costituito dal bolscevismo, impedì ai Russi Bianchi di Denikin e Vrangel’ di fare fronte comune con gli ucraini di Petliura, mentre gli anarchici combatterono contro tutti e in alcune occasioni diedero manforte ai bolscevichi in difficoltà.

Il pericolo mortale del bolscevismo

In questa maniera l’Armata rossa poté affrontare separatamente i diversi nemici e batterli uno alla volta. Dopo la sconfitta delle armate bianche, toccò agli ucraini di Petliura.

Il presidente ucraino era riuscito a stringere un’alleanza con la Polonia, potendo contare sulla lungimiranza del maresciallo Józef Pilsudski, e insieme all’esercito polacco il 6 maggio riuscì a riconquistare Kiev. Già il mese successivo i bolscevichi invertirono la situazione ricacciando indietro i polacchi fino dentro i loro confini e costringendoli ad un frettoloso armistizio il 12 ottobre 1920.

Infine nel 1921 furono spazzati via gli anarchici di Machno che finì in esilio a Parigi. Nella capitale francese si era rifugiato anche il presidente Petliura che il 25 maggio del 1926 venne assassinato dalla mano di un sicario armato da Mosca.

Terminata la guerra civile e consolidato il potere bolscevico, su tutto il territorio ucraino si abbattè il pugno di ferro di Mosca, con esecuzioni, deportazioni e prigionie. Intanto le devastazioni della guerra civile provocarono una prima «naturale» carestia e una consistente immigrazione verso le americhe.

L’Holodomor

Kiev, Museo dell'HolodomorTra l’autunno 1932 e l’estate del 1933 l’Ucraina e il resto dei territori finiti sotto il giogo bolscevico subirono l’Holodomor, lo sterminio per fame perpetrato dai bolscevichi per ordine di Stalin.

Holodomor è un termine composto che deriva dall’espressione moryty holodom, letteralmente «infliggere la morte mediante la fame». La lingua ucraina ha combinato quindi le parole holod (fame, carestia) e moryty (uccidere, esaurire, condannare a morte) per coniare un termine che vuole mettere in rilievo l’intenzionalità di procurare la morte attraverso la mancanza di cibo.

Per fiaccare la resistenza dei contadini alla collettivizzazione dei terreni introdotta nel 1928, che ordinava il conferimento dei loro piccoli apprezzamenti di terra nelle aziende agricole collettive (kolchoz), Stalin decise nel 1932 di procedere alla confisca di tutte le scorte di grano, dei generi alimentari, degli animali da lavoro e da cortile, utensili da lavoro e macchinari.

La decisione riguardava tutte le regioni cadute sotto il dominio sovietico ma fu applicata con particolare rigore e zelo in Ucraina e nei territori confinanti del Caucaso settentrionale e del Basso Volga.

Nel caso dell’Ucraina, oltre a fiaccare definitivamente il ceto contadino si voleva distruggere la mai sospita aspirazione del popolo ucraino all’indipendenza.

Un Olocausto dimenticato

Kiev, Museo dell'Holodomor, particolareSecondo le stime più prudenti le morti determinate dall’Holodomor furono circa 7 milioni, dei quali 4,5 milioni in Ucraina e 1,5mln negli altri territori. Altre stime considerano questa cifra adeguata alla sola Ucraina.

Un altro territorio particolarmente colpito fu il Kazakhistan, in quanto la maggioranza della popolazione era costituita da pastori nomadi, fortemente ostili alla collettivizzazione imposta dai sovietici.

L’Holodomor è stato definito un «Olocausto dimenticato» perché la comunità internazionale dell’epoca non si rese conto o non volle rendersi conto della tragedia che stava avvenendo in Russia. Inseguito i sovietici divennero alleati delle democrazie occidentali nella Seconda guerra mondale e poi una delle due superpotenze che si erano spartite il dominio sul mondo.

Così soltanto a partire dal 1991 con la dissoluzione dell’impero sovietico e la dichiarazione di indipendenza dell’Ucraina che si è potuto cominciato a parlare della tragedia dell’Holodomor.

La nascita del nazionalismo ucraino

Il colonnello Yevhen KonovaletsDopo la stabilizzazione delle frontiere seguito al consolidarsi dell’Unione Sovietica, i territori ucraini si ritrovarono dunque divisi tra Urss, Romania, Cecoslovacchia e Polonia.

Raccogliendo gli insegnamenti dei principali scrittori e intellettuali ucraini − da Shevchenko a Ivan Franko, da Mykola Kostomarov a Mykhailo Hrushevsky, fino a Dmytro Dontsov − sarà la Galizia che si assumerà il compito di diventare il «Piemonte dell’Ucraina».

Il nazionalismo ucraino prese coscienza di sé e si organizzò politicamente. Per iniziativa di un gruppo di ufficiali si era costituita l’Organizzazione militare Ucraina (Uvo), comandata dal colonnello Yevhen Konovalets.

L’ideologo di quello che è stato definito «nazionalismo integrale ucraino» fu Dmytro Dontsov. Il suo programma per la liberazione dell’Ucraina partiva dal presupposto che la Russia fosse il nemico principale nemico del Paese e che la spina dorsale del movimento di liberazione dovessero essere i contadini o «la massa» della nazione, piuttosto che le élite urbane o l’intellighenzia.

Nel 1929 l’Uvo ed altri piccoli raggruppamenti studenteschi diedero vita all’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (Oun) il cui principio ideologico fondamentale era la subordinazione di ogni cosa al conseguimento della statualità Ucraina.

Ai veterani si affiancava ora una nuova generazione di politici e di combattenti tra i quali spiccavano Stefan Bandera futuro capo politico dell’Oun, e Roman Shukhevych che alla sua fondazione nell’ottobre 1942 assumerà il comando dell’Esercito Insurrezionale Ucraino (Upa).

Le attività di sabotaggio dell’Uvo si svolgevano prevalentemente contro le forze occupanti bolsceviche e polacche, ma finivano per infastidire le polizie degli altri stati.

Così nel 1922 Konovalets fu costretto all’esilio. Visse in diversi paesi fra i quali l’Italia, per stabilirsi infine a Rotterdam dove nel 1938 fu assassinato in un attentato di un agente del Nkvd.

La seconda Repubblica Ucraina

Il capo politico dell'Oun Stepan BanderaDurante la Seconda guerra mondiale ci fu il secondo tentativo di costruire una Repubblica indipendente, con l’«Atto di restaurazione dello Stato ucraino» proclamato alla radio il 30 giugno 1941 dall’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini di Stepan Bandera, i cui soldati erano stati tra i primi ad occupare Kiev insieme alle avanguardie dell’esercito tedesco.

Anche stavolta la Repubblica Ucraina era destinata a non nascere, prima per la miopia delle autorità tedesche e poi per la rioccupazione del paese da parte dell’Armata Rossa.

Nonostante l’apprezzamento dei comandi militari e l’appoggio di alcuni alti esponenti nazionalsocialisti la decisione di Hitler fu di completo diniego delle aspirazioni indipendentiste ucraine. La dichiarazione di indipendenza fu annullata e Stepan Bandera con molti quadri dirigenti furono arrestati e finirono in campo di concentramento.

Nonostante ciò molte migliaia di volontari ucraini si arruolarono per combattere contro l’Armata Rossa. E quando la guerra volse al peggio per i tedeschi Bandera e gli altri prigionieri dell’Oun furono liberati.

Contro russi e tedeschi

Dall’ottobre 1942 i patrioti ucraini avevano intanto cominciato la loro lotta nelle file dell’Armata Insurrezionale Ucraina. L’Upa nei primi mesi della sua esistenza, oltre che contro i sovietici, dovette così combattere anche contro i tedeschi.

Dopo la sconfitta della Germania, mentre sull’Ucraina e su tutte le altre regioni d’Europa, si scatenava la repressione sovietica, i partigiani anticomunisti dell’Armata Insurrezionale Ucraina continuarono comunque a combattere per la libertà del loro paese fino al 1950, quando il suo comandante Roman Shukhevych fu ucciso in un agguato.

Per eliminare del tutto l’Upa dovettero collaborare in operazioni congiunte truppe russe, polacche e cecoslovacche.

La storia delle uccisioni, delle violenze e delle deportazioni subite dalla popolazione civile ucraina al termine della Seconda Guerra Mondiale è del tutto sconosciuta in Italia e probabilmente in buona parte degli Stati che compongono l’Unione europea, per altri versi tanto attenta alla memoria del secolo dei totalitarismi.

Queste in grandi linee le vicende dell’Ucraina fino al termine del Secondo conflitto mondiale. Una ricostruzione che nel libro del ricercatore dell’Università Cattolica di Milano è molto più estesa e approfondita e mette a confronto le posizioni della storiografia ucraina, fatte proprie da chi scrive, con il punto di vista degli storici russi.

La dissoluzione dell’Unione Sovietica

La «Storia e geopolitica della crisi ucraina» prosegue con la trattazione del periodo della glasnost’ e del crepuscolo dell’era sovietica, quasi fisicizzata nel disastro nucleare di Chernobyl del 26 aprile 1986. Un processo concluso il 24 agosto 1991 con l’indipendenza dell’Ucraina e il 26 dicembre del medesimo anno con la dissoluzione dell’Unione Sovietica.

Il successivo progressivo distacco dell’Ucraina da Mosca è culminato nel 2014 con la rivolta di Euromajdan, la fuga del presidente filorusso Janukovyč e l’arrivo alla presidenza dell’Ucraina di Petro Poroshenko.

Promesse non mantenute e garanzie disattese

L'Ucraina prima del 2014Nell’ultima parte del libro Giorgio Colla si occupa delle varie questioni ed eventi politici, diplomatici e militari che influirono profondamente nella traiettoria geopolitica dell’Ucraina indipendente.

Dalla più nota controversia sulla «promessa» statunitense di non estensione ad Est della Nato ai meno conosciuti Accordi di Budapest che determinarono per l’Ucraina la perdita dell’arsenale atomico.

In nome del rispetto del trattato di non proliferazione delle armi nucleari di Helsinki del 1975 Stati Uniti e Regno Unito indussero l’Ucraina, Bielorussia e Kazakistan a consegnare alla Russia gli arsenali nucleari che avevano ereditato dall’ex Urss.

A Kiev in cambio della rinuncia ai suoi 1.700 ordigni nucleari fu garantita ufficialmente da Usa e Inghilterra la sicurezza e dell’inviolabilità dei confini ucraini. Una garanzia di protezione che non si sarebbe invece concretizzata.

Alla luce degli accadimenti geopolitici succedutisi tra Ucraina e Federazione Russa all’indomani dell’Euromajdan è evidente che se Kiev fosse stata ancora in possesso del suo arsenale nucleare avrebbe potuto disporre di una deterrenza sufficiente per scongiurare, o quanto meno rendere più rischiose, le annessioni del suo territorio attuate dai russi a partire dal 2014 e probabilmente avrebbe evitato l’invasione in atto.

La terribile ricaduta sull’Ucraina degli accordi e degli equilibri giocati dalle grandi potenze sulle spalle dei popoli spiega forse la risolutezza dell’Inghilterra nella fornitura di materiale bellico alla nazione aggredita e al tempo stesso la veemenza con la quale Kiev richiede all’Occidente le armi che le mancano per potersi difendere dall’aggressore russo.

Vincenzo Fratta

Giorgio Cella, Storia e geopolitica della crisi ucraina

 

Giorgio Cella
Storia e geopolitica della crisi ucraina
Carocci, pp.349

 

 

 

 

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