EDUARDO GALEANO

Le vene aperte
dell’America Latina

Miniera nella Serra Pelada, nello stato brasiliano del Parà (particolare di una foto di S.Salgado)

 

Pubblicato nel 1971 Le vene aperte dell’America Latina del giornalista e scrittore uruguaiano Eduardo Galeano è divenuto un classico della letteratura di denuncia dello sfruttamento del continente sudamericano da parte di potenze straniere a partire dal XV secolo fino ai giorni nostri.

Lo scrittore e giornalista uruguaiano Eduardo Galeano (1940-2015)Meritevole di attenta lettura ancora oggi, il libro è tornato in libreria per iniziativa delle edizioni Sur in occasione del cinquantenario della sua pubblicazione.

Si tratta di un saggio di economia politica rivolto ad un pubblico non specializzato e soprattutto scritto con lo stile di un romanzo di avventura che rende agevole al lettore seguire, per le sue cinquecento pagine, avvenimenti che spaziano attraverso i secoli e le diverse regioni del Sudamerica.

Il violento impatto dei conquistatori

Si parte, e non potrebbe essere diversamente, dall’impatto violento dei conquistatori spagnoli e portoghesi sulle popolazioni indigene. Con il prelievo di oro, argento e metalli preziosi nella parte spagnola, e il primo sfruttamento portoghese della colonia brasiliana con l’introduzione della coltura intensiva della canna da zucchero.

La coltivazione della canna da zucchero negli engenhos di Salvador de Bahia e del Pernambuco sarà la prima di una lunga serie di monoculture che, come spiega Galeano, condizioneranno negativamente il futuro economico del territori brasiliani interessati. Analogo destino toccherà alle monoculture introdotte dagli spagnoli.

In Brasile alla canna da zucchero, seguiranno nel corso dei secoli, il cacao, il caffè e la gomma, con l’intermezzo dello sfruttamento minerario nello Stato di Minas Gerais nel 18º secolo.

Occupazione latina ma dominio inglese

Un primo importante dato che si apprende dalla lettura delle Le vene aperte dell’America Latina è che Spagna e il Portogallo non seppero o non vollero utilizzare le risorse prelevate nei loro possedimenti oltre oceano per irrobustire l’economia nazionale e gettare le basi dello sviluppo industriale che determinerà invece il predominio della Gran Bretagna nei secoli successivi.

Le ricchezze che sbarcavano nei porti spagnoli e portoghesi venivano spese «nella costruzione di grandi e fastosi palazzi, nell’acquisto di gioielli, vestiti e mobili di lusso, nel mantenimento di una servitù numerosa e nello sperpero delle feste». E in misura sempre crescente venivano trasferite agli olandesi e soprattutto agli inglesi, che le trasformavano nei manufatti che venivano poi rivenduti a ben altro prezzo a Lisbona e Madrid.

Grazie al dominio dei mari l’Inghilterra, che ben presto si liberò della concorrenza olandese, assunse anche il controllo del commercio di schiavi che dall’Africa riforniva di mano d’opera i domini portoghesi e spagnoli nel Nuovo Mondo.

Così come Madrid e Lisbona «avevano la vacca, ma erano altri che ne bevevano il latte», allo stesso modo le elité che si andavano formando nelle colonie sarebbero vissute nel «lusso», ma non si sarebbero preoccupate di assicurare l’autonomia produttiva dei loro territori.

Quando il Brasile divenuto Impero, si sganciava dal Portogallo nel 1822, e le colonie spagnole tra il 1808 e il 1833 si rendevano l’indipendenti dalla madrepatria, l’intera America Latina non si liberò dalla sua condizione di sudditanza, ma cadde, tutta intera, sotto il tallone del capitalismo inglese, al quale un secolo dopo subentrerà il dominio statunitense.

Nella morsa degli Stati Uniti

In tutta la seconda parte de Le vene aperte dell’America Latina l’attenzione di Eduardo Galeano si concentra appunto sugli Stati Uniti. Si descrive il diverso sviluppo del nordamerica, la nascita dell’«impero americano» e il consolidamento del suo predominio mondiale consacrato dal ruolo svolto dagli Usa nella Seconda Guerra mondiale.

Si prendono poi in esame le modalità con le quali gli Usa hanno esercitato il «controllo» delle economie sudamericane nella seconda metà del secolo scorso, attraverso le società multinazionali, le pressioni politiche, la supremazia tecnologica, le attività di intelligence, fino alla promozione dei colpi di Stato e all’impegno militare diretto.

Cinquant’anni dopo

Questa in via di estrema sintesi è la miniera di spunti di riflessione, i tanti argomenti suscettibili di approfondimento, che ci vengono dalla lettura de Le vene aperte dell’America Latina.

Resta da dire cosa manca nella trattazione di Eduardo Galeano e chiedersi qual è oggi, trascorsi cinquant’anni, la situazione del continente sudamericano.

Quello che a mio avviso è assente nel libro, è un collegamento delle varie situazioni economiche alla storia delle diverse nazioni. Manca l’illustrazione delle idee politiche, delle motivazioni ideali, delle aspirazioni che hanno mosso alcuni dei protagonisti delle vicende sudamericane.

Per fare quale esempio, non si parla dell’influenza del positivismo e della religione del progresso sulle élite sudamericane, che ha favorito il loro asservimento al capitalismo anglosassone.

Si accenna solo en passant ai governi di Getúlio Vargas (1930-1945 e 1951-1954) in Brasile, Lázaro Cardenas (1934-1940) in Messico e Juan Domingo Perón (1946-1955) in Argentina – definiti da Galeano «di marca nazionalista e con ampia influenza sul popolo» – che si batterono per il decollo, lo sviluppo e il consolidamento, a seconda dei casi e dei momenti, dell’industria nazionale.

Non si fa cenno all’influenza marxista, che ha limitato la portata dei movimenti di liberazione dell’America Latina e al tempo stesso facilitato la «criminalizzazione» delle istanze sociali da parte degli Stati Uniti e dei loro sodali all’interno delle varie nazioni sudamericane.

Le vene potranno richiudersi?

Terminata la lettura del libro non possiamo non chiederci se qualcosa, o quanto, sia cambiato in questi ultimi cinquant’anni rispetto ai modelli di sfruttamento dell’America Latina così ben descritti da Galeano.

Ci interroghiamo, ad esempio, quanto possa aver inciso in negativo sull’economia messicana e colombiana la crescita esponenziale del narcotraffico. Oppure, in positivo, pensiamo alle chances dei governi «di sinistra» potenzialmente liberi dalle pericolose sirene marxiste e dall’ingerenza sovietica.

E ancora, quali trasformazioni sta comportando lo sviluppo delle tecnologie digitali all’interno delle società dei paesi del sudamerica.

Ci chiediamo soprattutto se i cambiamenti geopolitici in corso, con la crisi dell’impero americano e l’ascesa della Cina, faranno sì che il XXI secolo vedrà le vene aperte dell’America Latina finalmente richiudersi.

Vincenzo Fratta

 

 

Eduardo Galeano
Le vene aperte dell’America Latina
Edizioni Sur, pp.513

 

 

Lascia un commento