IN LIBRERIA: IL NEMICO DELL'EUROPA

F.P. Yockey, un americano
dal cuore europeo

Francis Parker Yockey, Il nemico dell'Europa, Passaggio al Bosco

 

Tra i pochi autori americani meritevoli di interesse per una cultura anticonformista è certamente da annoverare Francis Parker Yockey (1917-1960), del quale la casa editrice Passaggio al Bosco ha reso ora disponibile al lettore italiano il saggio «Il nemico dell’Europa».

Francis Parker Yockey, ImperiumPubblicato postumo, il libro è una sorta di completamento dell’opera principale di Yockey, Imperium. The Philosophy of History and Politics, edito in due volumi a Londra nel 1948 con lo pseudonimo di Ulric Varange e mai tradotta in Italiano.

Americano con il cuore europeo, l’autore di Imperium parte da una filosofia generale della storia e della civiltà mutuata da Oswald Spengler (1880-1936).

Nel suo Tramonto dell’Occidente il filosofo tedesco rileva come non esista uno sviluppo lineare della civiltà al singolare e la storia sia frantumata in cicli distinti ma pur paralleli di civiltà, i quali «costituiscono ognuno un organismo ed hanno le loro fasi di giovinezza, di sviluppo, di senescenza e di tramonto come tutti gli organismi». E in ogni ciclo Spengler individua una Civiltà e una Civilizzazione.

Il primo periodo, la Kultur, si trova alle origini, «sta sotto il segno della qualità e conosce forma, differenziazione, articolazione nazionale e tradizione vivente».

La «civilizzazione» è la fase autunnale e crepuscolare di ogni ciclo, «nella quale si operano le distruzioni del materialismo e del razionalismo e ci si avvia verso il meccanicismo e la grandezza informe, verso il regno della quantità».

Un imperativo di rinascita

Oswald Spengler, autore del Tramonto dell'Occidente
Oswald Spengler

Partendo dalla premesse e dal linguaggio spengleriano, Francis Parker Yockey è convinto che l’Europa possa uscire dalla attuale fase di civilizzazione attraverso l’azione di forze nuove che obbedirebbero ad un imperativo di rinascita, affermando valori antitetici al materialismo e al razionalismo dominanti.

L’imperativo storico sarebbe di realizzare l’Europa come una unità di nazione-cultura-razza-stato, ordinata in base ad un rinato principio di autorità e ad una oculata scelta tra amico e nemico.

Lo sviluppo ciclico, di là dalle rovine del mondo di ieri, spingerebbe l’Europa verso questa era nuova, che Yockey definisce della «politica assoluta», della supernazionalità, dell’autorità e dell’Imperium.

Il nemico dell’Europa, riprende questi concetti e si concentra sull’analisi delle scelte che hanno portato alla perdita del ruolo centrale dell’Europa nel mondo a favore delle potenze esterne, Stati Uniti e Unione Sovietica.

Ovviamente, come rileva nell’introduzione Cristiano Ruzzi, l’odierno contesto mondiale è assai diverso da quello degli anni Cinquanta nei quali il libro fu concepito. E non soltanto per la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991.

Tuttavia le analisi di quanto accaduto e le motivazioni che portano a individuare gli Stati Uniti come «nemico principale» dell’Europa conservano tutta la loro validità.

Per il lettore che dopo la lettura del testo di Francis Parker Yockey volesse approfondire i rischi e le prospettive dell’epoca che ci apprestiamo a vivere, compresi i problemi che l’Europa dovrà affrontare, ritengo basilare il saggio di geopolitica non conformista di Pierluigi Fagan, Verso un mondo multipolare, edito da Fazi.

La stesura di Imperium

Comizio di Oswald MosleyIl Nemico dell’Europa fu pubblicato postumo a causa della prematura scomparsa del suo autore. Nato il 18 aprile 1917 a Chicago da una famiglia di origini europee, Yockey si laurea con il massimo dei volti in Giurisprudenza all’Università di Notre Dame in Indiana.

Nel 1946 ottiene un posto nella commissione per i crimini di guerra e viene inviato in Germania, come assistente legale per la pubblica accusa ad un processo contro esponenti nazionalsocialisti a Wiesbaden.

Qui si rende presto conto dell’inconsistenza giuridica dei procedimenti a carico dei presunti «criminali di guerra», non si trattiene da fare osservazioni in proposito ed è costretto a dimettersi. Da allora sarà nel mirino delle autorità statunitensi.

Nei due anni successivi risiede in Irlanda dove scrive Imperium. Entra in contatto con Osvald Mosley, leader prima della guerra della British Union of Fascists che sta tentando un rientro nella vita politica britannica con la nuova formazione, Union Mouvement, fondata il 7 febbraio 1948.

In un primo tempo Mosley sembra colpito dalla viva intelligenza dell’americano, ma le posizioni radicali di Yockey da un lato e dall’altro l’orientamento unicamente anticomunista dell’Um, portano alla rottura fra i due.

Contrario all’accondiscendenza verso gli Usa al quale ritennero di doversi piegare diversi movimenti di ispirazione fascista per poter fare politica nel dopoguerra, Yockey auspicava invece un neutralismo flessibile ed un approccio paneuropeo ai grandi temi della geopolitica.

L’odissea di Yockey

Così dopo essere riuscito a stampare le prime copie di Imperium, Yockey pensa alla creazione di un suo movimento, l’European Liberation Front, per il quale scrive un manifesto dal titolo The proclamation of London (trad.it. Il proclama di Londra, Effepi 2005).

Comincia un giro dell’Europa in cerca di seguaci che tocca, fra gli altri, Germania, Italia, Francia, Svizzera e Cecoslovacchia. In Germania prende contatto con diversi esponenti dell’estrema destra, in Italia partecipa nel 1951 a Napoli al congresso del Movimento Italiano Femminile, fiancheggiatore del Msi. In Francia conosce lo scrittore Maurice Brasillach, cognato di Robert Brasillach.

Si reca anche in Canada, torna per un periodo in America e poi sbarca di nuovo in Germania. Dopo un soggiorno a Praga arriva al Cairo per offrire collaborazione ad Anwar al-Sādāt, il politico che nel 1970 diverrà presidente dell’Egitto.

L’attivismo incessante e le posizioni sempre più antiamericane hanno intanto messo Yockey nel mirino dell’Fbi. Comincia per lui quella che il suo biografo Kerry Bolton ha definito l’odissea di un fascista.

Al suo ritorno in America nel giugno 1960 viene arrestato perché trovato in possesso di diversi passaporti con la sua fotografia ma con generalità diverse. Il giudice stabilisce una cauzione di 50mila dollari, una somma sproporzionata per il reato di falsificazione di documento. Yockey non la può pagare e resta così in carcere.

In prigione inizia un via vai di funzionari di stato che cercano in ogni modo di farlo passare per infermo di mente ed evitare così uno scomodo processo. Il 17 giugno viene trovato morto, avvelenato con una capsula di cianuro. Con buona probabilità non ha retto alla tensione e si è suicidato.

Dell’autore di Imperium e de Il nemico dell’Europa, Bardeche ha scritto: fra gli anticonformisti americani «non ci sono stati grandi dottrinari o grandi capi intellettuali. E la prematura scomparsa di Francis Parker Yockey ha lasciato un vuoto che non è stato colmato».

Vincenzo Fratta

 

 

Francis Parker Yockey.
Il nemico dell’Europa,
Passaggio al Bosco, pp.190

 

 

 

 

 

 

 

 

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