A TAVOLA CON GLI ETRUSCHI

Con calici e stoviglie
ma senza posate

Gli Etruschi a tavola consumavano un'alimentazione variata

 

Tra poco è Pasqua, una ricorrenza religiosa che, quest’anno più che mai, passeremo in casa. Staremo, quindi, seduti a tavola, a lungo e delizieremo il palato con bevande e pietanze. Quello che non sappiamo è quanto un nostro pranzo di festa sia simile a quello di oltre duemila anni fa. Mi riferisco alle similitudini con il cibo consumato dagli Etruschi a tavola soprattutto per feste e ricorrenze.

Gli Etruschi a tavola. Sui Klinai insieme agli uomini anche le donneA tutt’oggi gli etruschi restano un popolo misterioso. Complici i documenti che ci sono pervenuti, di natura commerciale o funeraria, quindi scarni e ripetitivi, ignoriamo molte delle loro conoscenze ed dei loro interessi culturali. Sappiamo che erano molto legati alla Grecia, sia come modelli artistici, sociali, culturali ed urbanistici ma anche religiosi e di organizzazione militare.

Un capitolo a parte sembra però essere quello sulla loro cucina. Insomma sappiamo, con una certa accuratezza, cosa, mangiassero e bevessero gli Etruschi a tavola.

Sappiamo che, coloro che rivestivano ruoli importanti nella società e che avevano sostanze sufficienti, amavano intrattenersi ed intrattenere gli ospiti con simposi e banchetti. Ce lo racconta lo storico antico Diodoro Siculo, che, citando Posidonio, chiamato l’atleta di Rodi, per l’ampiezza dei suoi trattati filosofici, ci ha reso vivamente comprensibili le opulente atmosfere che si vivevano durante le feste organizzate dagli etruschi.

Un galateo diverso da quello romano

Prima di tutto, non lasciavano nulla al caso, vi era una sorta di galateo, molto diverso da quello dei romani, che contemplava la disposizione degli ospiti nella sala da pranzo, vietava l’utilizzo di utensili e soprattutto di coltelli, per ovvie ragioni di sicurezza, insomma mangiavano con le mani ma avevano brocche con acqua aromatizzata, bacinelle e salviette.

Preparavano accuratamente le tavole coprendole con tessuti pregiati impreziositi da ricami colorati. Non mancava l’uso dell’argenteria, come coppe di varie dimensioni e contenitori graziosamente decorati.

Era presente un numero sufficiente di personale di servizio: i più belli e giovani coperti da vesti tali da mostrarne le doti fisiche, mentre i meno dotati erano coperti da tuniche.

Gli etruschi a tavola intrattenevano, come detto, in due modi; il simposio, occasione conviviale nella quale si beveva solamente ed il banchetto, dove oltre al vino venivano servite pietanze di vario genere.

Il banchetto era ovviamente più ricco, serviva anche per ostentare la propria sostanza, il simposio vedeva i partecipanti stare assieme per motivi amicali e di condivisione, tant’è vero che, durante i simposi, spesso vi era l’occasione di assistere ad un concerto e comunque c’era spesso un intrattenimento musicale.

Sui klinai anche le donne

I partecipanti, come anche tra i romani, si sdraiavano in dei divanetti chiamati Klinai, usanza imparata dai greci. La donne, a differenza da Roma, partecipavano attivamente a questi convivi, spesso le coppie dividevano lo stesso Klinai.

Al centro della stanza e sui lati c’erano tavoli e tavolinetti apparecchiati ed imbanditi, abbelliti con vasellame pregiato e raffinato, spesso proveniente dalla lontana Grecia.

I vasi erano di tre tipi: per contenere, per versare (qutum) e per bere (olpe). In cucina le pentole (thina) non arrivavano mai alla tavola.

Quando si beveva il vino (sempre annacquato) si usava un calice (thavna) o un calice grande (zavena). Con lo skyphos (una tazza) si beveva latte. Col kylix (una coppa ampia) si brindava.

Gli etruschi usavano il bucchero, ceramica con una finitura nera ma i più benestanti sfoggiavano stoviglie di bronzo ma quelli che veramente volevano impressionare i loro ospiti usavano vasellame comperato in Grecia, costosissimo, delicatissimo ma estremamente raffinato.

Adoperavano i piatti, ma non facevano mai uso di posate: prendevano gli alimenti direttamente con le dita e, come detto, si sciacquavano spesso le mani.

In vari insediamenti sono state ritrovate forchette di varia foggia e dimensione che però adoperavano in cucina reputando l’uso degli utensili a tavola alquanto sconveniente.

Insieme alle forchette, in cucina c’erano i cucchiai, le grattuge (spesso usate per macinare le spezie per le carni e per il vino), pentole, coperchi, il graffione (uno strumento di metallo con piccoli ganci al quale veniva fissata la carne per la cottura), pestelli, colini e tanti altri attrezzi.

Ricordiamoci che stiamo parlando di un pranzo di festa di una élite, nemmeno i più danarosi mangiavano così tutti i giorni…

Un dieta molto variata

Detto questo, il menù prevedeva carne arrosto, prima tra tutte, la carne di maiale, animale ancora oggi allevato nelle zone dove erano presenti gli etruschi.

Avendo sviluppano le tecniche della norcineria, producevano poi insaccati di varia natura che permettevano la conservazione a lungo delle carni.

Ma gli etruschi allevavano anche ovini e col latte venivano prodotti formaggi. Equini e bovini, erano utilizzati soprattutto per le attività agricole e raramente venissero macellati.

La cacciagione veniva servita solo ad ospiti di particolare rispetto. Usciva dalle cucine insaporita con foglie d’alloro, rosmarino (che usavano anche in medicina) e aglio (la varietà etrusca era l’Aglione ancora coltivato in Valdichiana, dal sapore molto delicato). I meno ricchi, ma pur sempre benestanti, si accontentavano di selvaggina, soprattutto uccelli.

Le popolazioni che vivevano sulla costa praticavano invece la pesca, soprattutto del tonno.

Una curiosità: questo popolo era ghiotto di carne di ghiro. Questi roditori, dopo essere stati catturati venivano messi all’ingrasso, in delle gabbie di ceramica forellata chiamate glirarium, la loro fine, poveracci, era lo spiedo, semplicemente conditi con sale e olio d’oliva.

Poi c’era chi, anche per le feste, non poteva permettersi la carne e però non si faceva mancare il gusto per le cose veramente buone.

La torta al formaggio giunta fino a noi

Piatti poveri tipici della tradizione etrusca erano la puls, una polenta di farro, originaria di Chiusi ma consumata in ogni città e campagna etrusche, in pratica l’equivalente della nostra pasta e per questo rappresentava il piatto base dell’alimentazione. La puls veniva condita con sughi di carne o di verdure. Per l’inverno c’era la farrago, una minestra di farro, cereali e legumi.

Ma gli etruschi erano abilissimi panettieri: pane di varie fogge e fatto con varie farine oltre che di cereali anche di legumi, e poi le focacce che precorrono la nostra pizza.

Tra tutti i censi era grande il consumo di frutta: fichi, prugne, melograni, pere e frutta secca come nocciole, noci e castagne. Gli etruschi a tavola mangiavano anche moltissimi legumi: ceci, fagioli, lenticchie, fave.

Le uova erano consumate lessate, oppure usate per fare frittate o torte salate o dolcificate con il miele che gli etruschi, conoscendo le tecniche dell’apicoltura moderna (senza apicidio), producevano.

Ma c’è una ricetta che è arrivata a noi pressoché inalterata: una torta al formaggio pecorino con le uova intrise nell’impasto assieme a sale e lievito madre, in centro Italia, proprio nella zona di dominazione etrusca, viene ancora oggi preparata ed è conosciuta col nome di torta di Pasqua o Pasqualina. Serena Pasqua a tutti e buon appetito.

Lino Rialti

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