BYUNG-CHUL HAN

Nella società narcisista
ogni rito è scomparso

Byung-Chul Han, La scomparsa dei riti, Edizioni Nottetempo

 

Nella società contemporanea dominano il consumismo, il narcisismo, l’ossessione della prestazione. Si consumano non soltanto le cose ma perfino le emozioni. Per il filosofo coreano trapiantato in Germania Byung-Chul Han ne è testimonianza La scomparsa dei riti, come recita il titolo del suo ultimo saggio in libreria per le edizioni Nottetempo.

Byung-Chul HanNato nel 1959 a Seoul, Byung-Chul Han si è trasferito in Germania negli anni Ottanta. A Berlino ha studiato filosofia e letteratura tedesca. Poi teologia cristiana a Friburgo e a Monaco di Baviera, conseguendo nel 1994 il Dottorato di ricerca con una tesi su Martin Heidegger.

Nel 2000 è passato all’Università di Basilea, dove si è abilitato all’insegnamento universitario di filosofia. Diventato professore nel 2010, due anni dopo è tornato nella capitale tedesca per insegnare all’Universität der Künste.

I suoi interessi vanno dall’etica alla filosofia sociale, dalla fenomenologia all’antropologia, dall’estetica alle comunicazioni di massa.

Le sue analisi, orientate prevalentemente alla critica delle implicazioni politiche e psicosociali del neoliberismo, lo rendono uno dei filosofi contemporanei più interessanti.

La scomparsa dei riti è il suo undicesimo saggio che le edizioni Nottetempo rendono accessibile al lettore italiano.

«I riti – spiega Byung-Chul Han – sono azioni simboliche. Tramandano e rappresentano quei valori e quegli ordinamenti che sorreggono una comunità. Creano una comunità senza comunicazione, mentre oggi domina una comunicazione senza comunità».

Oltre ai riti mancano anche i simboli, la cui percezione va oltre la contingenza, e consente alla comunità di riconoscersi e di riconoscere il proprio posto nel mondo.

Alla comunità si è sostituita la società – per usare la diade cara a Ferdinand Tönnies – dove «impazza il narcisismo, scompare il lato giocoso della cultura, la vita perde sempre più allegria e gaiezza.

La costrizione del lavoro e della prestazione accentua la profanazione della vita. La sacra serietà del gioco cede il passo alla serietà profana del lavoro».

Tutto diventa misurabile. E perfino l’arte e l’eros perdono ogni «incanto». Non esiste più distinzione tra giornata lavorativa e giornata di riposo. Tra festa e tempo ordinario.

Invece del riposo attivo, dell’otium creativo, il tempo libero diviene per molti un «angosciante far niente», un «tempo vuoto che provoca horror vacui».

L’analisi dei limiti della società contemporanea che Byung-Chul Han passa in rassegna è impietosa e convincente, e si estende anche al senso della storia, alla guerra tecnologica e ai big-data.

Esula invece dall’ambito de La scomparsa dei riti, ogni approfondimento sulla possibilità di un’inversione di tendenza, sul come potersi avvicinare al citato «reincantamento del mondo». I capitoli intitolati «Rituali di chiusura» e «L’impero dei segni», con la sua etica della cortesia, non costituiscono più che labili tracce.

Vincenzo Fratta

 

 

 

Byung-Chul Han, La scomparsa dei riti, Edizioni Nottetempo

 

Byung-Chul Han
La scomparsa dei riti
Nottetempo, pp.138

 

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