I 40 ANNI DI «BOROTALCO»

Quel cargo battente
bandiera liberiana

I 40 anni di Borotalco, film che consacrò Carlo Verdone

 

Dopo il successo di «Un sacco bello» e di «Bianco, Rosso e Verdone», il 22 gennaio del 1982 usciva nelle sale Borotalco, il terzo film di Carlo Verdone.

I 40 anni di Borotalco, film che consacrò Carlo Verdone Ancora oggi, trascorsi quarant’anni, Borotalco è uno di quei film che si vede e si rivede anche soltanto per poter recitare le sue battute a memoria.

Le trovate che Verdone-Sergio raccontava a una stupita Eleonora Giorgi-Nadia, a cominciare dalla più famosa: «Un bel giorno senza dire niente a nessuno me ne andai a Genova e mi imbarcai su un cargo battente bandiera liberiana. Feci due volte il giro del mondo e non riuscii mai a capire che c…o trasportasse quella nave, ma forse un giorno lo capii: droga!»

«La frase – ha raccontato Carlo Verdone – mi venne in mente perché faceva parte di un monologo che avevo fatto anni prima in radio. Così lo ripresi e lo affidai a Manuel Fantoni. Certamente non so dire perché queste frasi rimangano poi nell’immaginario del pubblico».

Le indimenticabili battute

E ancora i dialoghi dell’attore-regista con Mario Brega, il futuro suocero del film: Augusto: «Tiè senti ‘sto prosciutto, senti com’è dorce». Sergio: «Eh, ho mangiato….» Augusto: «Senti ‘sto prosciutto t’ho detto, è dorce! È un zucchero, Sergio! E ‘ste olive? Tiè senti ‘ste olive, queste so’ ggreche sa’ oh, sò ggreche! Allora, come so? Dí la verità!» Sergio: «Sò greche».

Mario Brega, scomparso nel 1994, aveva già recitato per Verdone l’esilarante parte del burbero padre dell’hippy Ruggero in uno dei migliori sketch di «Un sacco bello».

La scena delle olive greche e del prosciutto «che è un zucchero» si ispira a quando Mario Brega si recava a casa di Sergio Leone con cassette di frutta e verdura, che gli portava dai mercati generali.

Era stato difatti proprio Sergio Leone a produrre i primi due film di Carlo Verdone, ma ora aveva altri progetti e non era più in grado di seguire il giovane regista.

Il contratto non fu rinnovato dalla Medusa ma nessuno lo disse a Verdone che si ritrovò, nonostante il successo ottenuto dai primi due film, a contare i giorni guardando il telefono che non squillava.

«In quelle settimane – ricorda Verdone – non sapevo cosa fare della mia vita. Poi squilla il telefono. Il mio agente dice che il produttore Mario Cecchi Gori mi vuole incontrare. Ha visto in ritardo Bianco, Rosso e Verdone, lo ha colpito il personaggio dell’emigrante muto che esplode con un’invettiva contro l’Italia.

Invece degli episodi, un’unica storia

‘Credo in te’ mi disse. ‘Facciamo un film e se va bene firmiamo per altri quattro. Ma puntiamo su un personaggio unico’».

E cosi il regista romano che nel corso della sua quarantennale carriera ha sempre saputo trovare il modo di rinnovarsi, cambia registro.

Il terzo film di Verdone ha un approccio totalmente diverso rispetto ai primi due che consistevano in una raccolta di sketch e piccoli episodi ruotanti intorno a dei personaggi e va, invece, verso un cinema di narrazione più articolato.

La storia è incentrata sulla storia d’amore di due venditori porta a porta di enciclopedie della musica, Sergio Benvenuto che non riesce a portare a termine le vendite e la collega più brava Nadia da cui va ad imparare il mestiere.

Una commedia romantica dunque, in cui le canzoni di Lucio Dalla giocano un ruolo centrale. E la storia stessa ruota intorno ad un concerto del cantautore bolognese.

Lucio Dalla è l’idolo di Nadia, e Sergio, per far colpo sulla collega, finge di conoscerlo e le promette di portargli una canzone scritta da lei.

L’idea era quella di raccontare gli anni ’80 partendo proprio dalla musica che rappresenta un elemento essenziale in quegli anni.

Le canzoni di Lucio Dalla

I 40 anni di Borotalco, film che consacrò Carlo Verdone Proprio l’importanza delle canzoni di Dalla per l’intreccio del film, deve aver spinto i produttori a scrivere nel poster del film il nome del cantautore più grande di quello del regista.

La cosa fece molto arrabbiare Dalla: «Non si fa così. Ora vedo il film, se non mi piace ti faccio causa».

E sempre Verdone a raccontarlo: «La mattina alle 8.30 squillò il telefono. Era Lucio. Ma aveva un tono assolutamente diverso: ‘Carletto mio, ma tu mi hai fatto un omaggio straordinario. È bellissimo. L’ho visto per terra, sdraiato, non c’era una poltrona libera. Magari il nome poteva essere un po’ più piccolo. Ma grande film, grandissimo film…’».

La colonna sonora di Borotalco, firmata da Lucio Dalla e Fabio Liberatori, si aggiudicò il David di Donatello nel 1982.

La pellicola vinse il premio come «Miglior film», Carlo Verdone quello come «Miglior attore protagonista», Eleonora Giorgi quello come «Miglior attrice protagonista» e Angelo Infanti, l’indimenticabile Manuel Fantoni, scomparso nel 2010, il David come «Migliore attore non protagonista».

Un’altra battuta del film recita: «O dice a me!, A gente è ignorante… è sorda, nun ce sente. Se c’è una cosa che m’accide è l’indifferenza».

E tutt’altro che indifferenza è ciò che gli ha riservato il pubblico italiano non certo sordo nè ignorante nei 40 anni successivi a questa sua ennesima battuta divenuta un cult.

Un pubblico che Carlo Verdone ha ringraziato in occasione dell’anniversario del film con un messaggio sui social: «Grazie a voi per la fiducia di ben 40 anni fa! Io diedi tutto me stesso».

Angela Alizzi

 

 

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