KENNETH BRANAGH, BELFAST

I ricordi di un bambino nella città in lotta

Nel film Belfast, il regista Kenneth Branagh rivive la sua infanzia

È stata un uscita particolarmente attesa nelle sale cinematografiche italiane quella di Belfast il 24 febbraio. La pellicola dell’acclamato regista Kenneth Branagh dopo aver vinto il Premio miglior regia nella sezione Alice nella Città del Festival di Roma, è in corsa per ben 7 premi Oscar: miglior film, miglior regia, miglior attore non protagonista (Ciarán Hinds), miglior attrice non protagonista (Judi Dench), migliore sceneggiatura originale, miglior sonoro, migliore canzone (Van Morrison).

Il regista Kenneth BranaghKenneth Branagh che per l’incipit del suo film ha scelto la frase «Non importa quanto lontano vai. Non dimenticare mai da dove vieni», nella sua vita ne ha fatto di strada.

Si diploma all’accademia di arte drammatica di Londra e lì si afferma a teatro per poi arrivare fino al alle colline di Hollywood con il cinema. Ma non ha mai dimenticato da dove viene, tanto da dedicargli un film, Belfast. È questa la città dell’Irlanda del Nord dov’è nato nel 1960, da genitori protestanti appartenenti alla classe operaia, e li è rimasto fino a 9 anni proprio come il protagonista del film, Buddy. 

Kenneth Branagh guarda al passato, al tempo precedente al suo successo internazionale, quello della sua infanzia. E lo fa attraverso gli occhi di Buddy che altro non sono che i suoi stessi occhi di bambino. Occhi che rimangono impietriti dinanzi alle violenze degli scontri tra Protestanti e Cattolici che sconvolgono la città nel 1969.

Le strade in cui correva armato di spada e scudo si trasformano improvvisamente in un campo di battaglia vero con armi vere che interrompono bruscamente i suoi giochi di bambino. La morte si aggira adesso su quelle strade. Non sono più sicure per Buddy che cerca conforto nel cinema del quartiere.

Il piccolo Buddy/Branagh in una scena di Belfast

Il film nel bianco e nero dei ricordi 

Il film girato nel bianco e nero dei ricordi al cinema si colora. È l’arte che da colore alla sua vita. Belfast è quindi anche un sentito omaggio alla settima arte a cui Branagh dedicherà la sua vita futura grazie ai sacrifici dei suoi famigliari.

Il film Belfast guarda a un’infanzia difficile eppure piena di amore da parte del padre carpentiere (Jamie Dornan) che deve suo malgrado stare lontano dalla famiglia per lavorare a Londra, della madre (Caitríona Balfe) che cresce lui e il fratello praticamente da sola, ma soprattutto dei nonni. 

Judy Dench e Charan Hinds, sono protagonisti dei momenti più belli dei film, e non a caso, per il ruolo dei nonni, candidati entrambi agli Oscar. 

Con i loro preziosi consigli di vita e d’amore indirizzano i nipoti verso «la possibilità migliore» che il figlio vuole dare loro trasferendosi con tutta la famiglia a Londra.

Il nonno al piccolo Buddy che ha paura di non essere capito nella città in cui sta per trasferirsi dice «Tu lo sai chi sei vero? Tu sei Buddy di Belfast figlio di mio figlio, fratello di Will, nipote di Granny e di Pop. Ricorda sempre chi sei». L’importanza delle origini. È da queste radicate radici familiari che deve trarre la forza per vivere la sua vita ovunque egli andrà.

È a loro che Kenneth Branagh dedica questo film, alla sua famiglia piena di amore, alle tre generazioni che la componevano. 

È l’amore che passa di generazione in generazione. Amore che darà i suoi frutti per il piccolo Buddy/Branagh: il Cinema. 

E con il Cinema il grande Buddy/Branagh racconterà che quella violenza del passato continua ad essere presente nonostante il mezzo secolo che ci separa da quegli eventi che ha vissuto da bambino. 

Il senso di questo memoir, sta tutto nella dialogo finale tra padre e figlio.

Nel film Belfast, il regista Kenneth Branagh rivive la sua infanzia«Papà credi che io e Catherine (la compagna di scuola di cui è innamorato) avremo un futuro? Lo sai che è cattolica» E il padre risponde che si può essere cattolici, protestanti, persino anticristi, o qualsiasi altra cosa, l’importante è volersi bene e rispettarsi reciprocamente.  

Si dice che è l’insieme dei ricordi a creare l’essenza di ogni individuo. A distanza di cinquant’anni il regista britannico, porta al cinema quei ricordi in quello che definisce il suo film più personale: i ricordi della sua città, i ricordi della sottile linea di odio che divide i cattolici e protestanti, i ricordi della sua famiglia e in particolare i ricordi più preziosi quelli dei meravigliosi nonni.

In loro Branagh riesce a condensare il concetto di memoria storica, l’eterna ripetizione dell’odio che mette da sempre gli uomini gli uni contro gli altri per motivi religiosi. E che è destinata a ripetersi all’infinito se non insegnamo alle generazioni future, come hanno fatto i suoi nonni con lui, che non bisogna cedere alle lusinghe dei violenti che ci vorrebbero nemici giurati solo perché professiamo religioni diverse. 

È questo il messaggio che Branagh trasmette allo spettatore. E lo fa con lo strumento più potente, il Cinema.

Strumento a cui arriva attraverso il suo lungo percorso di vita che lo ha portato molto lontano dal luogo in cui tutto ha avuto inizio… perché come diceva la sua nonna Judy Dech «Abbiamo tutti una storia da raccontare ma quello che ci rende uno diverso dall’altro non è il come finisce questa storia ma piuttosto da dove è cominciata».

Angela Alizzi

 

 

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