LA PIAGA DEL CAPOLARATO

Una vergogna
dura a morire

 

Continua, imperterrito, a prosperare il capolarato nel settore agricolo del nostro Paese. Nonostante gli scandali degli ultimi mesi, nonostante i morti e nonostante qualche arresto eccellente, il triste fenomeno, quasi esclusivamente italiano, è tuttora vivo e vegeto nelle campagne del sud come del nord, isole comprese.

Su scala nazionale, abbiamo riscontrato che almeno il 25% dei lavoratori è vittima del capolarato, praticamente uno su quattro, con punte leggermente più alte nel Mezzogiorno e meno nel resto d’Italia. La loro retribuzione media è di 4 euro l’ora, circa la metà di quanto stabilisce il contratto collettivo nazionale di lavoro, con l’orario di lavoro giornaliero che può arrivare a 12 ore, ossia quasi il doppio del previsto.

Insomma, da questi primi dati abbiamo la sconfortante sensazione di trovarci dinanzi ad una condizione di semi schiavitù per chi opera nel comparto primario della nostra economia e che vede impegnati il 38% di operai agricoli italiani e per il restante 62% di stranieri, tutti rigorosamente sfruttati e sottopagati.

Nel corso degli anni il fenomeno ha modificato l’identità geografica dei soggetti dediti a fare i caporali; infatti, possiamo notare dai dati diffusi da varie organizzazioni di settore che gli italiani dediti a questa «professione» rappresentano poco più della metà della platea, mentre nord africani e romeni, ed in misura minore indiani, si spartiscono il restante 40-45%.

In agricoltura sono pure operanti società di servizi che mediano, senza farsi scrupoli particolari, fra le imprese e i lavoratori, ma con gli stessi effetti nefasti dei tradizionali caporali. Organizzano le trasferte dal nord Africa e dai paesi dell’est Europa, soprattutto per le lavorazioni stagionali, ma sempre alle stesse penalizzanti condizioni.

È veramente indegna, per un Paese civile, questa situazione che vede sempre più il consolidarsi di varie forme di capolarato, senza essere contrastata efficacemente dalle istituzioni.

In tale scenario il sindacato può, anzi deve contrastare questo illegale andazzo che dura, purtroppo, da decenni, denunciando alle competenti autorità ogni abuso in questo importante settore produttivo che merita la massima attenzione vista la presenza, ed i dati sopra riportati lo dimostra, di operatori senza scrupoli e, verosimilmente, collusi con la criminalità organizzata.

Fabio Verelli

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