PARTITA L'APE SOCIALE

Ma i danni della Fornero
restano tutti

 

Con valuta 22 dicembre 2017 circa diecimila «apisti» hanno ricevuto dall’Inps la prima prestazione dell’Ape sociale prevista dalle attuali norme. Siamo dunque all’avvio di questo intervento pubblico sulle pensioni, anzi sulle prepensioni, tanto sbandierato e reclamizzato dal governo Renzi/Gentiloni.

Meno male, dicono i sostenitori. Occhi aperti diciamo noi, e non lo facciamo per partito preso. Anzitutto quanti sono i beneficiari di questa «manna»? Le certificazioni accolte dall’Istituto relative al cosiddetto primo scrutinio, cioè quello precedente all’ultimo i cui termini di presentazioni sono già scaduti, non sono 15.500 circa come più volte comunicato dal Governo, bensì poco più di 12.500.

Capirete che sul numero complessivo delle prestazioni erogate dall’Inps, sono ben poca cosa. Tra l’altro l’ultimo dato fornito dal Censis dice che nel penultimo trimestre di quest’anno il rapporto tra nuove prestazioni e cessazioni è negativo! E meno male che le aspettative di vita sarebbero aumentate.

Poi, se andiamo a leggere i numeri di questi primi 10mila prepensionati sociali, ci accorgiamo che la maggioranza di essi sono ex lavoratori che hanno perso il lavoro e solo in piccola parte sono coloro che ne beneficiano a causa di lavori particolarmente gravosi o usuranti. Si tratta, insomma, di un intervento più sociale che anticipatorio del trattamento, sacrosanto certo, ma non propriamente rivolto alla gran massa dei lavoratori anziani costretti alla permanenza forzata nel lavoro.

Infatti, dell’Ape ordinaria manco si parla. Pare che per l’Inps il nodo irrisolvibile sia con le banche e le assicurazioni (soggetti privati coinvolti in un tema che ha carattere essenzialmente pubblico e sociale) Noi intuiamo perché. Il meccanismo dell’accesso alla agevolazioni dell’Ape ordinaria, infatti, prevede due momenti diversi: il primo è l’accoglimento della certificazione, intendendo per essa la documentazione formale del possesso dei requisiti di Legge per accedere alla prestazione. Il secondo momento, commerciale e che come detto esula dalle considerazioni politiche e sociali che dovrebbero sostenere l’iniziativa, è la concessione del prestito al beneficiario da parte della Banca o dell’Assicurazione. E nessuno, ma proprio nessuno, potrà costringere aziende che esercitano l’attività creditizia e rispondono a valutazioni di mercato, a concedere per forza anticipi e prestiti a nominativi che, per mille ragioni, sono finiti nella black list della Centrale Rischi.

E allora? Allora dell’Ape ordinaria se ne riparla almeno nel 2019 con il risultato che, dal punto di vista demografico, la massa consistente dei lavoratori vicini alla soglia fatidica saranno più prossimi al traguardo normale e «la questione prepensionamento», secondo l’opportunismo del Governo, si sgonfierà da sola.

È difficile, infatti, pensare che un lavoratore di 64/65 anni d’età anagrafica, sebbene stremato e nella legittima aspettativa di andare in riposo, possa decidersi ad indebitarsi, perché di questo si tratta, e percepire pure di meno, per qualche mese di differenza.

Intanto, però, il trionfo dell’Ape social riempie le pagine dei giornali, nell’ipocrita tentativo del Governo attuale di spacciare una agevolazione limitata e parziale come la grande riforma di Renzi & Co. voluta in chiave «antifornero» così da togliere i voti a quelli che la Fornero la vorrebbero riformare nell’unico modo giusto e legittimo: l’abrogazione.

Alfredo Moretti

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