UN PIANO MARSHALL PER L’UCRAINA

Respinto l’invasore,
comincerà la ricostruzione

Ucraina. Il ponte di Irpin distrutto nei primi giorni dell'invasione russa

 

La fine della guerra in Ucraina non sembra per nulla imminente. Ma occorre fin da ora pensare alla ricostruzione del Paese devastato dall’invasore russo. Il presidente della Banca Mondiale, lo statunitense David Malpass, ha già stimato i costi che occorreranno per riportare l’Ucraina alla normalità.

Ucraina. Un edificio di Karkiv sventrato da un missile russo«La Banca – ha dichiarato Malpass – è pronta a svolgere il suo ruolo nella ricostruzione, ma devo dire al mondo che l’importo per la ricostruzione del settore elettrico, stradale e ferroviario è molto più grande rispetto alle dimensioni dei bilanci delle istituzioni finanziarie internazionali».

Fermatevi subito, se avete letto con eccessiva rapidità. Rileggete con maggior cura l’ultima parte: che viene posta come una premessa al limite dell’ovvio, ma che ha implicazioni enormi. E, per noi europei, per noi italiani, assai preoccupanti.

Il succo, infatti, è che se i capitali necessari non verranno erogati dalla Banca Mondiale e dalle strutture affini, a cominciare dal Fondo Monetario Internazionale, una parte cospicua finirà a carico dei due soggetti internazionali maggiormente coinvolti nel conflitto ucraino.

Ovvero gli Usa, da un lato, e l’Ue dall’altro. Quella Unione Europea che, ha sottolineato Malpass, «dispone di ingenti fondi che potrebbero essere messi a disposizione».

Un piano decennale per la ricostruzione

Ma andiamo con ordine. A quanto ammonterebbe l’esborso complessivo? Secondo una stima diffusa nel marzo scorso dalla Banca Mondiale, si parla di 411 miliardi di dollari.

Un calcolo, peraltro, che secondo molti osservatori è inferiore, molto inferiore, alla realtà. Come sembrerebbe confermare il fatto che, già nel luglio 2022, il governo di Kiev prospettò un piano decennale che portava la cifra a quasi il doppio, spingendosi a 750 miliardi di dollari.

Inoltre, quale che sia l’importo che si intende assumere a riferimento per le valutazioni successive, non bisogna certo dimenticare che il conflitto ucraino è tuttora in corso e che nessuno è in grado, al di là delle dichiarazioni di facciata, di indicare quando finirà e con quali esiti.

Ciò che è certo, invece, è che nel frattempo le distruzioni e i danni non potranno che aumentare. Accrescendo ulteriormente il peso finanziario della futura ricostruzione.

I maggiori costi per Usa e Ue

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky accoglie a Kyiv la premier italiana Giorgia MeloniLo abbiamo detto, ma è bene ripeterlo. Secondo Malpass, la Ue «dispone di ingenti fondi che potrebbero essere messi a disposizione». È davvero così?

Stiamo ai dati ufficiali. Nel bilancio Ue concordato nel novembre scorso dal Consiglio e dal Parlamento europeo, riguardo alle previsioni per il 2023, «l’importo totale degli impegni è fissato a 186,6 miliardi di euro, mentre il totale dei pagamenti ammonta a 168,6 miliardi».

Come si vede, anche al colpo d’occhio, le parecchie decine (o le centinaia) di miliardi che servirebbero per la ricostruzione ucraina costituiscono un gravoso onere il cui impatto graverebbe a lungo sulle finanze comunitarie e quindi, fatalmente, su quelle degli Stati membri, Italia compresa.

Se è vero che il nostro Paese si trova ultimamente a ricevere più di quanto versi, si tratta però di un vantaggio dovuto soprattutto ai fondi eccezionali del Pnrr, dopo che per gli anni dal 2001 al 2017 il saldo è risultato negativo.

Bisogna chiedersi, quindi, quale sarà l’impatto che richiederà il piano Marshall pro Ucraina.

La ricaduta sulle imprese coinvolte

Il Ministro degli Esteri alla Farnesina Certo, a fronte dei maggiori versamenti statali vi saranno degli incrementi nel giro d’affari delle imprese nazionali coinvolte nei lavori di ricostruzione, ma questa ricaduta positiva è tutta da indagare.

Da un lato, perché bisognerà vedere in che misura si riuscirà ad aggiudicarsi parte degli appalti, rispetto ai quali sembra che Francia e Germania siano, come al solito, in netto vantaggio.

Dall’altro, cosa ancora più importante, perché l’equivalenza tra profitti aziendali e benefici collettivi non va assolutamente data per scontata.

Il governo dovrà impegnarsi affinché il maggior reddito conseguito dalle imprese eviti che si debba procedere ad un incremento del peso tributario sulla generalità dei cittadini italiani.

Una questione cruciale, della quale Giorgia Meloni sembra consapevole. Un incontro bilaterale tra Italia e Ucraina proprio sui temi della ricostruzione è infatti già in agenda per il 26 aprile alla Farnesina.

Come si legge sul sito del Ministero degli Esteri, «Le imprese italiane interessate a partecipare alla Conferenza sono invitate a compilare e trasmettere il formulario raggiungibile a questo link».

L’approccio è quello giusto. Gli sviluppi li seguiremo via via.

Gerardo Valentini

 

 

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