INFLAZIONE E POTERE D’ACQUISTO

Un’ottima scelta azzerare
l’Iva sui beni essenziali

Azzerare l'Iva sui beni essenziali, una misura necessaria

 

Il ventilato azzeramento dell’Iva sui beni essenziali per ora resta ancora un’ipotesi. O se preferite un’anticipazione.

Azzerare l'Iva sui beni essenziali, una misura necessaria per bilanciare il calo delle retribuzioniLa novità, importante e condivisibile, dovrebbe rientrare nella legge delega che la prossima settimana sarà sottoposta al Parlamento.

Lo scopo sarebbe, appunto, di demandare al Governo una vasta riforma del settore tributario, le cui modifiche non sarebbero solo degli aggiustamenti tecnici, a parità di approccio generale.

I cittadini e le pubbliche istituzioni

Quanto piuttosto il riflesso normativo di un ripensamento ad ampio raggio della fiscalità italiana. Ovvero, cosa che viene troppo spesso dimenticata, del rapporto tra le pubbliche istituzioni e i cittadini.

Entrambi, in una situazione sana, non devono essere avversari contrapposti ma soggetti complementari. Non in lotta tra loro, in una guerra permanente a chi più cerca di ottenere e chi meno tenta di pagare, ma forze che concorrono a realizzare degli scopi comuni: quella totalità di servizi che presiedono alla convivenza collettiva e ne migliorano le condizioni e gli esiti.

Un ripensamento, dunque, che equivale a una rigenerazione.

Per un fisco equo

L’intento, del resto, era già contenuto nel programma elettorale del Centrodestra. Al punto 4, intitolato «Per un fisco equo», si parlava di «semplificazione degli adempimenti e razionalizzazione del complesso sistema tributario».

Una formula che era volutamente generica, ma che fissava un orientamento preciso: chiedersi sempre e comunque se una determinata decisione sia davvero la migliore.

Non soltanto quella efficace per spuntare un incremento delle entrate da parte dello Stato o di qualsiasi altro ente impositore, ma allo stesso tempo e fin dove è possibile quella che rispetta – che addirittura ha a cuore – le legittime aspettative dei contribuenti a non essere salassati di continuo e in modo esorbitante.

Nel rispetto dei vincoli di gettito

Le esigenze di gettito sono in gran parte un vincolo oggettivo, ma questo non significa affatto che vi sia un unico modo di raccogliere le risorse che servono per soddisfarle.

A parità di risultato finale, infatti, la differenza la fanno le tante scelte legislative che stabiliscono dove e quanto incidere. In attesa, si intende, che la pressione complessiva possa finalmente calare.

La soppressione dell’Iva sui beni essenziali va appunto in questa direzione.

In un contesto difficile come quello attuale agevolare l’acquisto di prodotti necessari e pressoché indispensabili quali ad esempio il pane e il latte (ma vedremo quali altri si aggiungeranno in corso d’opera, visto che l’idea è di tutelare una sorta di «carrello della spesa») è una misura saggia e persino doverosa.

Le cose cambiano. Le cose sono cambiate. Ciò che in passato poteva essere giusto, o se non altro accettabile, oggi lo è sempre meno. E l’aggettivo «attuale» non deve trarre in inganno: le perturbazioni eccezionali che sono sopravvenute negli ultimi tre anni, tra la gestione della pandemia e la guerra in Ucraina, non hanno fatto che aggravare delle debolezze che esistevano già.

Il calo delle retribuzioni medie

Basti ricordare che qui da noi, sull’arco del trent’anni che vanno dal 1990 al 2020, le retribuzioni medie sono diminuite del 2,9 %. Un calo che si lega ad altri fattori critici come la bassa produttività e la macchinosità della burocrazia e della giustizia, ma che attesta una tendenza negativa e di lungo periodo. In una parola: strutturale.

La stessa Unione Europea sembra aver iniziato a capire che è tempo di riconsiderare le impostazioni precedenti, ivi inclusa la rigidità «permanente» dei parametri adottati, nel 1992, dal Trattato di Maastricht. Analogamente, è il caso di ricordare che la direttiva comunitaria in ambito Iva risale al 2006.

Come viene sintetizzato sul sito istituzionale Eur-lex.europa.eu «l’aliquota Iva normale che tutti gli Stati membri devono applicare a beni e servizi deve corrispondere almeno al 15 %.

Gli Stati membri possono applicare una o due aliquote ridotte non inferiori al 5 % a beni o servizi specifici elencati nell’allegato III della direttiva.

Si applicano inoltre, a determinate condizioni, una serie di eccezioni a tali norme (ad esempio aliquote ridotte su altri beni o servizi)».

Due capi opposti della forbice

Bene. È ora di mettere in discussione queste coordinate e, in particolare, i due capi opposti della forbice.

Da un lato, aprire alla possibilità di ridurre ulteriormente l’aliquota agevolata fino ad azzerarla. Dall’altro, pensare a reintrodurre un’imposta fortemente aumentata sui beni di lusso.

O, quantomeno, su quelli di maggior prezzo che per loro natura si rivolgono a compratori di fascia alta o altissima, talmente agiati da rimanere sostanzialmente indifferenti davanti a un eventuale aggravio fiscale.

La giustizia tributaria, e sociale, passa anche da questo: dal non fingere che tutti siano sulla medesima barca e che, perciò, l’aliquota massima dell’IVA debba essere la stessa per ogni tipo di prodotto, di servizio, di acquirente.

Gerardo Valentini

 

 

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