EMERGENZA SICCITÀ

Se non puoi cambiare il clima,
aggiusta gli acquedotti

Emergenza siccità. Il Pò in una foto del 2022

 

Succede spesso, troppo spesso: i grandi temi del dibattito politico (quelli grandi davvero o quelli presunti tali, perché a ingigantirli è soprattutto la grancassa mediatica) finiscono per mettere in ombra, o addirittura nel dimenticatoio, gli interventi concreti. Ivi inclusi quelli più utili e destinati a risolvere, finalmente, problemi arcinoti. Arcinoti e arcigravi, come quello della siccità.

Emergenza siccità. La rete idrica nazionale è ormai un colabrodo. Il 42% dell’acqua viene persa lungo il tragittoPrendete gli acquedotti, ad esempio. Che la rete nazionale sia in cattive o pessime condizioni lo si sa da moltissimo tempo.

Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientali (Ispra), nel 2020 la dispersione idrica è stata nell’ordine di un miliardo di metri cubi d’acqua, pari a quasi il 40%del totale.

A tutt’oggi, però, non si è mai arrivati ad affrontare la questione in maniera sistematica. E, appunto, risolutiva.

Benissimo, quindi, che il governo Meloni abbia messo a fuoco la questione e sia determinato a uscire da questa interminabile e colpevole inerzia. Che trova una delle sue cause principali nella tipica elefantiasi della burocrazia italiana: una selva di enti e di soggetti diversi che andrebbero coinvolti a vario titolo ma che poi, all’atto pratico, diventa pressoché impossibile coordinare in maniera efficace e puntuale.

La rete idrica da rimodernare

La chiave di volta è intuitiva, ma visto che finora non si è mai tradotta in atti specifici e decisivi anche l’ovvio assume i tratti di una novità clamorosa. La chiave di volta, come ha ben evidenziato un articolo uscito recentemente sul Messaggero, è istituire «la figura di un ‘super commissario’, col compito di sveltire le procedure e agire in modo rapido là dove serve, a cominciare dalla rete idrica».

Nella stessa prospettiva, di sveltezza e incisività, si colloca l’intenzione di ricorrere al decreto legge. Per lo più abusato, rispetto all’articolo 77 della Costituzione che lo riserverebbe esclusivamente ai «casi straordinari di necessità e di urgenza», stavolta questo strumento di per sé eccezionale appare quanto mai opportuno.

Se è vero, infatti, che non si tratta di un’emergenza nel senso stretto del termine, ossia di qualcosa che si è determinato all’improvviso, lo è altrettanto che la scarsità di pioggia degli ultimi mesi si è sommata agli altri fattori critici, accentuando le ripercussioni negative ed esigendo delle contromisure immediate.

Intanto il Ministero dell’Industria e Trasporti (Mit), nell’ambito del Pnrr, ha a disposizione 293 milioni di euro da investire in progetti di riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua e relativi interventi di digitalizzazione e di monitoraggio delle infrastrutture.

Per l’agricoltura i problemi maggiori

L’avvicinarsi delle stagioni più calde rende incombente uno stato generale di siccità, peraltro già in atto in numerosi territori e già foriero di cospicui danni alle colture agricole, e va davvero fatto tutto il possibile per mitigarne gli effetti.

Ci manca solo che dobbiamo sopportare pure il razionamento dell’acqua e i prezzi di frutta e verdura alle stelle, dopo quello che ci è toccato vivere dal 2020 in avanti.

Prima il Covid-19, con il pesantissimo impatto sulle attività economiche e sulle libertà personali, e poi la guerra in Ucraina, con gli enormi rincari dell’energia e l’inflazione a due cifre. Nonché, in entrambi i casi, il disagio psicologico, ma per nulla astratto, di eventi così drammatici e prolungati nel tempo.

Mettere a posto gli acquedotti e tenerli in perfetta efficienza diventa quasi la metafora di un’amministrazione pubblica risanata: basta sprechi, basta lungaggini e inefficienze, basta dilapidare le straordinarie ricchezze della nostra Italia.

Gerardo Valentini

 

 

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