AZIENDA ITALIA

Cresce il divario
tra poveri e ricchi

 

I nostri «Paperoni» possiedono attualmente una ricchezza pari al 30% della popolazione. Il 20% dei più benestanti hanno invece in cassaforte patrimoni e liquidità che valgono il 69% della ricchezza complessiva. I più poveri al contrario stanno sempre peggio. Dal 2008 al 2014 le fasce più deboli infatti hanno perso il 24% del loro reddito.

«La disuguaglianza nella distribuzione del reddito in Italia è aumentata negli ultimi 30-35 anni più che negli altri paesi Ocse – afferma Piergiorgio Ardeni, presidente dell’Istituto Cattaneo che fino al 5 novembre tiene a Bologna le Giornate sulla disuguaglianza, un ciclo di incontri e una conferenza internazionale Trends in inequality, con più di settanta contributi da studiosi da tutto il mondo, sei lezioni magistrali di eminenti studiosi – come Stephen Jenkins, John Gorlthorpe e Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia. Le disuguaglianze economiche e sociali rappresentano un trend globale che si sta accentuando negli ultimi anni. Dal 2000 a oggi, secondo la Banca Mondiale, il 50% della ricchezza globale è finito in tasca all’1% della popolazione e solo l’1% al 50% della popolazione più povera. In Italia, la recessione ha scavato ulteriormente il gap tra ricchi e poveri.

Tra 2000 e 2014 il reddito disponibile delle famiglie (in termini reali del 2014, secondo i dati Banca d’Italia) si è ridotto in media del 12.05%. «La crisi italiana viene da lontano – prosegue Piergiorgio Ardeni – ed è una crisi di produttività del sistema, la ricchezza prodotta non cresce più. Più nello specifico, il primo decile (più povero) ha visto ridurre il proprio reddito medio del 9.3%, mentre il decile più ricco della popolazione ha visto una riduzione del suo reddito medio del 18.2%» Questi risultati sembrerebbero indicare una riduzione delle diseguaglianze pur in un contesto di decrescita economica, in realtà la recessione ha accentuato il divario. «Tra il 2008 e il 2014, il reddito medio si riduce dell’11.9%. La riduzione però è nettamente più marcata per i più poveri che vedono ridurre il loro reddito medio del 24.5%. Anche i più ricchi sono segnati da una riduzione del loro reddito medio, ma in misura più contenuta: -11.9%». Meno reddito disponibile, meno consumi, meno occupazione. La spirale negativa delle disuguaglianze inceppa il motore economico e sociale del sistema paese.

Come uscirne? «Nel corso degli incontri abbiamo individuato alcune delle cause che producono ulteriore divario tra ricchi e poveri, dalla globalizzazione alla crisi industriale, ma è il capitale umano l’elemento centrale da cui ripartire. I questi anni il nostro Paese ha investito poco in ricerca, istruzione e formazione inceppando così l’ascensore sociale». Nel nostro paese è alta la correlazione tra istruzione dei genitori e quella dei figli e così anche quella tra reddito. Non è un caso che l’Italia sia penultima nella Ue per numero di laureati, solo il 26,2%, fa peggio di noi solo la Romania. «Pensiamo a quei corsi di laurea scientifici che in Italia non trovano sbocchi adeguati di lavoro e di salario. Nel nostro paese c’è poco sostegno alla ricerca. Perdiamo tanti talenti, che se ne vanno all’estero, e non siamo capaci di attrarne di nuovi. Se vogliamo ridurre le diseguaglianza – conclude Ardeni – dobbiamo ripartire dal capitale umano».

Resta di fatto che ancora una volta si punta il dito contro un sistema Paese, che sembra non voglia proprio intendere il vero senso della ripresa. È difatti innegabile che sempre più voci importanti e significative, sottolineino quanto sia fondamentale investire sulle proprie risorse umane, promuovere ed incentivare i giovani, scommettere sui nostri laureati, affiancarsi alle piccole e medie imprese che più di altri hanno risentito della crisi, insomma semplicemente credere negli italiani. Purtroppo è cosa ancora molto lontana e difficile, difatti si vive ancora di sole ed inutili promesse… ma le chiacchiere le porta via il vento, la crisi invece no!

Gaetano Di Terlizzi

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